Powered By Blogger

mercoledì 9 novembre 2022

In Valtellina milizie fasciste toscane e deportazioni di donne in Germania

Tirano (SO). Fonte: Mapio.net

Ma infine, quale fu l’atteggiamento della società valtellinese di fronte al fascismo repubblicano? In generale, il carattere della popolazione valtellinese fu ben riassunto in uno studio preparatorio per il Ridotto alpino, scritto dal tenente colonnello Carlo Cinti per la commissione istituita da Mussolini nel settembre 1944. In esso la popolazione viene descritta “di modeste pretese, quieta, lavoratrice ma egoista. Non si è mai abbandonata a contese politiche. […] Il concetto del governo è inteso come fattore economico, Poiché il governo nulla ha fatto per le popolazioni di montagna, non si ha in esso un’eccessiva fiducia” <259.
Abbiamo visto che i disastri militari e le illusioni del 25 luglio e dell’8 settembre avevano già messo in evidenza ciò a cui la popolazione valtellinese tendeva. Essa era la fine della guerra, la pace, il poter tornare ai propri affari, ai campi, alle famiglie e ad essi dedicarsi senza troppo preoccuparsi delle vicende della grande storia.
La RSI era un ostacolo a tutto questo. La popolazione si rendeva conto che le sorti dell’Asse erano segnate e la fine della guerra non poteva venire che dagli alleati, sicché la RSI non faceva che prolungare la tragedia della guerra senza offrire sbocchi. “Nella massa - si legge in un notiziario della GNR - predomina il desiderio di vedere in qualche modo finita la guerra e le previsioni che si fanno sul suo esito, salvo qualche eccezione, sono decisamente sfavorevoli. E’ opinione diffusa che solo avvenimenti militari di particolare rilievo possano cambiare l’attuale orientamento delle popolazioni” <260. Inoltre l’incapacità dell’amministrazione fascista di garantire gli approvvigionamenti alimentari, soprattutto a causa della mancanza di mezzi di trasporto dai tedeschi requisiti e utilizzati per compiti di logistica bellica, faceva sì che la popolazione ancor più si distanziasse dalle autorità costituite: “incide sullo spirito della popolazione la scarsezza dei generi razionati, specialmente dei grassi” <261.
Il pessimo funzionamento del tesseramento diede vita a sfoghi di piazza: “A questo proposito - ricorda Luisa Moraschinelli - ho visto un giorno la rivolta di tutte le donne di un quartiere di Villa di Tirano. Accompagnate dal suono di campane a martello scesero in piazza davanti al Comune per protestare contro un’impiegata che secondo loro non gestiva con giustizia quelle tessere annonarie” <262.
Eppure, nonostante il fatto che il fascismo repubblicano significasse il prolungamento della guerra e mostrasse le sue inadempienze amministrative, ancora nel febbraio del 1944 la popolazione valtellinese teneva la disciplina: “In complesso la situazione si è mantenuta abbastanza calma e notevoli sono i sintomi di una distensione degli animi grazie specialmente all’azione quotidiana svolta dal Fascio Repubblicano coadiuvato da tutti gli organi di polizia intesi a reprimere e a prevenire ogni azione diretta al turbamento dell’ordine pubblico” <263.
A produrre la definitiva rottura tra la società valtellinese e il fascismo furono alcuni eventi che si verificarono nel corso del 1944. Innanzitutto, la precettazione per il lavoro in Germania: “In Sondrio e paesi limitrofi esiste viva preoccupazione in seguito alla notizia che l’ufficio provinciale di collegamento per incarico del servizio del lavoro germanico […] sta procedendo alla precettazione obbligatoria del personale femminile dai 18 ai 14 anni. Nelle famiglie alle quali sono giunte cartoline precetto per ragazze o donne già sposate, il fatto ha provocato un senso di panico, che ha avuto sfavorevoli ripercussioni sugli abitanti del vicinato” <264. Il timore della precettazione produsse uno sciopero il 31 marzo 1944: “Il 31 marzo u.s. nella mattinata, in Morbegno (Sondrio) 150 operaie dello stabilimento serico Bernasconi si astenevano dal lavoro in segno di protesta per la precettazione di mano d’opera femminile da inviare in Germania” <265. Il secondo evento fu lo scadere del bando Graziani, che fissava al 25 maggio 1944 il limite ultimo per i renitenti e gli sbandati per aderire all’esercito di Salò. Fu in occasione del 25 maggio che molti giovani valtellinesi, non potendo o non volendo scappare in Svizzera, presero la via dei monti e si unirono alle costituende bande di partigiani. In tal modo le bande, che fino ad allora erano composte quasi esclusivamente di forestieri, si rimpinguarono dei figli della popolazione locale, la quale venne così a parteggiare per i ribelli e divorziò dalla repubblichina. Il terzo elemento che determinò la rottura tra la società valtellinese e il fascismo fu l’arrivo in Valtellina dei profughi fascisti dell’Italia centrale.
A partire dal settembre del 1944 il duplice fatto dell’avanzata delle truppe alleate e della prefigurazione di un ridotto alpino in cui il fascismo avrebbe dovuto chiudersi per la difesa finale, pose il problema del trasferimento in Valtellina di una notevole quantità di profughi dall’Italia centrale e dalla Toscana in particolare. Tuttavia il trasferimento dei profughi fu attuato all’ultimo minuto senza dare alle autorità valtellinesi il tempo di organizzare i ricoveri per alcune migliaia di soldati con mogli e figli al seguito. Il 4 novembre il capo della provincia Parenti scrisse al ministro dell’Interno: “Con l’afflusso di varie migliaia di sfollati e di profughi la situazione edilizia di questa provincia è diventata completamente satura” <266. Ma i problemi logistici erano nulla in confronto al comportamento di questi giovanotti. L’indisciplina regnava nelle loro file ed essi si lasciavano andare ad atti di violenza bestiale e gratuita: “La Brigata nera di Bormio [costituita appunto da toscani, nda] si abbandona ad ogni sorta di soprusi e vessazioni verso la popolazione, spaventata dalle continue gesta criminose dei componenti la detta Brigata, che considerano la zona delle valli di Bormio come terra di conquista scorazzando ovunque arbitrariamente, perquisendo e minacciando pacifici cittadini senza alcun motivo. Tra i componenti la detta Brigata regnano forti dissidi, in quanto che essi non sanno e non hanno ancora stabilito chi debba essere il loro comandante che fra l’altro vorrebbero eleggere loro stessi” <267.
Il 24 dicembre 1944 il comandante della Divisione alpina Valtellina, Camillo, così scriveva al Comando SS di Edolo: “1) Ognuno può vedere, in Sondrio e negli altri centri della Valtellina, ragazzetti di 10-19 anni armati di bombe a mano, pugnale e moschetto, girare a zonzo per le strade, entrare nei negozi, pretendere di essere serviti per primi, minacciare e ingiuriare in ogni momento per un nonnulla […] educati all’idea incivile di poter fare quello che vogliono ed imporsi dovunque colla prepotenza pel solo fatto - come essi ripetono sempre nel loro gergo toscano - che ‘io so’ della brigata nera’. 2) I militi delle varie milizie neofasciste si comportano non da soldati ma da bravi, com’era ai tempi dell’infausta dominazione spagnola. Questo difetto è proprio delle milizie di tutta Italia, ma la situazione locale è aggravata dalla presenza di troppi toscani, gente che fu sempre tristemente nota per la sua mentalità faziosa, rissosa e ladra” e continuava con un elenco delle malefatte dei militi toscani da Bormio alla bassa valle <268.
Oltre alla guerra e alla penuria alimentare, furono dunque questi tre fattori (il lavoro in Germania, il bando Graziani e le milizie toscane) a decretare il divorzio fra la società valtellinese e il fascismo di Salò. Il concetto utilitaristico del governo, che l’aveva fatta passare per i vent’anni del regime e i due di RSI senza aderire al fascismo, ma senza neppure mostrarsi attivamente contraria ad esso, la spinse ora ad una aperta ostilità. E ciò accadde almeno un paio di mesi prima che i militi di Salò riversassero appieno il loro odio contro la popolazione, nel grande rastrellamento di fine novembre e sempre più nelle ultime settimane della RSI. Ma come le ragioni del rapporto della società valtellinese col fascismo vanno cercate in motivazioni di opportunità aliene da qualificazione politica, allo stesso modo occorre ora spiegare il rapporto che la società valtellinese ebbe con il movimento partigiano.


Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del giorno 6 maggio 1944, p. 6, concernente la provincia di Sondrio. Fonte: Fondazione Luigi Micheletti

[NOTE]
259 Cit. in Vincenzo Podda, Morire col sole in faccia. Ridotto alpino repubblicano. Le Termopili del fascismo, Milano, Ritter, 2005, pag. 323.
260 Notiziario del 6/5/1944, in AAVV Riservato a Mussolini, Milano, Feltrinelli, 1974, pag 363.
261 Notiziario del 27/4/1944, in AAVV Riservato a Mussolini, op. cit., pag 363.
262 Luisa Moraschinelli, op. cit., pag. 41; cfr Giulio Spini (cur.), Documenti sulla Resistenza in Valtellina, in AAVV, Valtellina e Valchiavenna tra Fascismo e Resistenza, Issrec, 1990, pagg 265-277 e in particolare la Relazione del commissario Prefettizio dott. Ing. Dino Borsani in merito alla gestione straordinaria dell’Amministrazione Comunale di Morbegno, datata 6/7/1944.
263 Relazione sulla situazione politica - gennaio 1944, AS di Sondrio, Fondo Prefettura, Serie 7, B1008, Fasc. “Relazione mensile durante il governo repubblichino gennaio 1944 - aprile 1945.
264 Notiziario del 18/3/1944, in AAVV Riservato a Mussolini, op. cit., pag 361.
265 Notiziario del 01/4/1944, in AAVV Riservato a Mussolini, op. cit., pag 361.
266 Relazione sulla situazione politica - ottobre 1944, AS di Sondrio, Fondo Prefettura, Serie 7, B1008, Fasc. “Relazione mensile durante il governo repubblichino gennaio 1944 - aprile 1945; v. anche A. Garobbio, A colloquio con il Duce, a c. di M. Vigano, Milano, Mursia, 1998, pag. 136.
267 Notiziario GNR del 01/08/1944, in Giampaolo Pansa, L’esercito di Salò, Milano INSMLI, 1969, pagg. 178-179.
268 Lettera del comandante Giuseppe Motta al Comando SS germanico, 24 /12/1944, in Marco Fini, Franco Giannantoni, op. cit., vol. II pagg 149-154.

 


Gian Paolo Ghirardini, Società e Resistenza in Valtellina, Tesi di laurea, Università degli Studi di Bologna, Anno accademico 2007/2008