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domenica 15 settembre 2024

La risposta di Kennedy non tardò ad arrivare


Conseguenza, anche in questo caso, della Destalinizzazione fu la frattura tra le due potenze comuniste maggiori: Unione Sovietica e Cina. Più che per le critiche apertamente rivolte a Stalin, Mao Zedong criticò amaramente la debole posizione di Chruščëv avuta nella gestione delle relative conseguenze a livello globale. La Cina era anche convinta di aver svolto un ruolo cruciale nella crisi dei Paesi centro-orientali, salvando la Polonia dall'estremo nazionalismo sovietico e l'Ungheria dal pericolo di una controrivoluzione, suggerendo al leader sovietico come agire. Chruščëv, infatti, era apparso molto sensibile ai consigli di Mao Zedong. Dopo la scomparsa di Stalin e la guerra in Corea, Mosca aveva cominciato a investire molto nel rapporto con Pechino, con cospicui aiuti economici mirati a una modernizzazione tecnologica della Cina che, in quanto grande Paese comunista nell'Estremo oriente, poteva avere un ruolo direttivo tra i partiti comunisti africani e asiatici. Il leader cinese riconosceva il ruolo centrale dell'URSS per il movimento comunista e permetteva quindi l'esistenza di una “special relationship” paragonabile a quella anglo-americana. A differenza di Mao, Tito continuò a rifiutare l'idea che il socialismo dovesse essere assimilato a un particolare modello di Stato: perseguì sulla strada di rottura dei rapporti soprattutto in seguito all'invasione ungherese, ottenendo dall'Occidente una garanzia di protezione e mandando così in fumo il tentativo di Chruščëv di ricucire le divergenze.
Ad ogni modo, le differenze ideologiche tra URSS e Cina emersero molto velocemente: nel 1957 fu proprio il PCC a spingere per una conferenza del comunismo internazionale, non volta a sostituire il di recente sciolto Comintern, ma per ristabilire la leadership sovietica sul Movimento. Il ruolo guida dell'URSS fu certamente riconosciuto dai partiti comunisti, ma l'evento memorabile della Conferenza fu il discorso di Mao Zedong. Con un'implicita ma evidente critica alla leadership di Chruščëv, Mao Zedong riportò il discorso su un tema che anni prima era stato particolarmente sensibile: la possibilità di una guerra nucleare. Secondo il leader cinese una catastrofe termonucleare avrebbe potuto distruggere anche la metà della popolazione mondiale, ma andava presa in considerazione per perseguire l'obiettivo di costruire un mondo socialista. Con questo assunto, Mao intendeva criticare poco velatamente la “coesistenza pacifica” di Chruščëv, ma evidenziava anche le differenze incolmabili tra le due potenze comuniste. Mao stava ereditando in modo completo il pensiero politico di Stalin sull'inevitabilità della guerra e, al contempo, si prefigurava come leader nell'Estremo Oriente dove si era da poco creato il Movimento dei non allineati, movimento il cui scopo centrale era quello di non schierarsi nella logica della contrapposizione, ma il loro forte carattere antimperialista li avvicinava più al mondo comunista che a quello americano. <12 La posizione radicale che la Cina stava assumendo metteva a serio rischio la special relationship tra le due potenze, anche se in questi anni Mosca contribuiva ancora in modo cospicuo alla crescita economica del Paese: Mao stava allora preparando il terreno per il “grande balzo in avanti”, che si rivelò tuttavia un fallimento per la popolazione e che mise la Cina in una grave condizione di carestia. Nonostante la difficile situazione interna, Mao mirava a collocare Pechino alla guida del mondo asiatico e per questo la sfida con Mosca era necessaria. L'obiettivo era quello di ottenere l'appoggio di altri partiti comunisti poiché la relazione con l'URSS veniva considerata a un punto di stallo, anzi si inasprì con il peggioramento della situazione cinese. Nei primi mesi del 1960 Cina e Unione Sovietica erano ai ferri corti, dopo accuse reciproche, tanto che nel luglio dello stesso anno l'URSS accusò la Cina di avventurismo e di “nostalgie staliniste” e ritirò i propri tecnici dal Paese, riducendo il supporto economico. Per l'intera durata del 1960 e del 1961 i due Paesi non scesero a patti e continuarono ad allargare il proprio divario, nel mentre della crisi di Berlino del '61 che vedeva la costruzione del simbolo per eccellenza della Guerra Fredda: il Muro di Berlino. La crisi non servì alla distensione tra le due potenze comuniste, anzi, Chruščëv contribuì a gettare benzina sul fuoco con il rilancio della Destalinizzazione e della “coesistenza pacifica” durante il XXII Congresso nel novembre del '61. L'anno successivo lo stesso Mao individuò tra i principali nemici della Cina Chruščëv, insieme a Kennedy, Nehru e Tito. <13 Il divario ideologico tra i due Paesi era ormai lampante e dimostrava due idee di comunismo molto diverse: da una parte, la prospettiva di una “coesistenza pacifica” con il capitalismo, dall'altra una guerriglia antimperialista. Il Terzo Mondo, con il processo di decolonizzazione ben avviato, diventava così un terreno di scontro della Guerra Fredda, segnando anche la fine dell'unità comunista internazionale. Tra i Paesi che attraversarono la decolonizzazione ce ne furono alcuni che in modo particolare vennero attratti dal mito della modernizzazione sovietica per uscire dall'arretratezza: nello specifico, l'India di Nehru, l'Indonesia di Sukarno e alcuni Paesi dell'Africa. Alla fine degli anni '50 i vari movimenti comunisti ottennero anche qualche vittoria, come quella dei comunisti vietnamiti che misero fine al dominio coloniale francese nel '54. La politica nel Terzo Mondo acquisì maggiore importanza con Chruščëv, rispetto che con Stalin, e insieme alla “coesistenza pacifica” e alla Destalinizzazione sarà un punto cardine della sua leadership, tanto che si parlò di “terzomondismo sovietico”. In risposta, i Paesi del Terzo Mondo non si tirarono indietro rispetto a questo nuovo ruolo: in alcuni di questi, come ad esempio in Congo o a Cuba, ci furono anche dei forti movimenti comunisti. Le divergenze tra Cina e Unione Sovietica divennero abbastanza chiare proprio nel teatro del Terzo Mondo, dove si scontrarono gli ideali di coesistenza pacifica sovietico e di inevitabilità della guerra cinese. Entrambi i partiti comunisti delle due potenze cercavano di conquistare i partiti comunisti extraeuropei: lo sfortunato caso del Vietnam mise finalmente in luce la questione. Con la fine del colonialismo francese, il Vietnam venne diviso in due con la stessa logica della Corea: la parte superiore diventò comunista, nel Sud invece si instaurò un governo filoccidentale. Nel 1959 il governo comunista di Hanoi, guidato da Ho Chi Minh, scelse di non rinunciare alla riunificazione, come era invece nei piani sia di Mosca sia di Pechino, e passò all'azione sostenendo la resistenza armata che combatteva nel Sud filoccidentale. Se Chruščëv vedeva questa guerra nel più ampio scenario di Guerra Fredda, Mao vide invece un'occasione per sottolineare la sua strategia antimperialista da contrapporre alla coesistenza pacifica e accusò Mosca di aver perso la sua spinta rivoluzionaria. A scatenare il conflitto non fu però la situazione vietnamita, bensì quella cubana, nell'ottobre del 1962: Cuba e Mosca avevano stretto un forte legame che per l'URSS significava un forte segnale di potenza verso gli Stati Uniti. <14 Con la mossa dei missili nucleari a Cuba, Chruščëv intendeva ribadire la centralità del comunismo e la presa di potere che teneva su qualsiasi Paese antimperialista. Oltre al segnale indirizzato agli americani, Chruščëv mirava anche al contenimento dell'influenza cinese, che a Cuba era molto forte. L'esito della crisi di Cuba non fu proprio quello che i sovietici avevano immaginato e creò non poca tensione con il partito comunista cubano e con i cinesi, che indicarono nel comportamento di Chruščëv una sottomissione ai giochi di potenza della Guerra Fredda. Il 29 ottobre del 1962 la prima pagina de “L'Unità” descrive la trattativa che salvò “la pace nel mondo”: Chruščëv accettò le controproposte del presidente americano John F. Kennedy, al fine di salvare l'indipendenza di Cuba senza usare mezzi violenti che mettessero in pericolo il Paese con un conflitto locale o, peggio, atomico e quindi mondiale. Chruščëv ritirò le armi missilistiche non appena avuta la sicurezza che gli USA non avrebbero attentato all'indipendenza cubana dimostrando così: «ridicole le speculazioni propagandistiche alle quali si sono senza ritegno abbandonati anche nel nostro paese quasi tutti gli oratori democristiani sulla volontà aggressiva del comunismo internazionale. Il comunismo internazionale aveva ed ha il sacrosanto diritto, e dovere, di difendere l'indipendenza e la libertà del popolo cubano.» <15 La questione cubana rese urgente una trattativa tra le due superpotenze volta ad evitare lo scoppio di un conflitto atomico che in quei giorni di ottobre si era paventato, spaventando l'intero mondo. Il quotidiano del 19 ottobre riporta anche le lettere che si sono scambiati i due leader delle potenze sovietica e americana. Il primo a scrivere è Chruščëv che si rivolge a Kennedy esprimendo soddisfazione e riconoscimento per come si è giunti alla trattativa sui missili nucleari: «al fine di liquidare con la massima rapidità questo pericoloso conflitto, di servire la causa della pace, di dare fiducia a tutti i popoli desiderosi di pace e rassicurare il popolo americano, il governo sovietico in aggiunta alle istruzioni precedentemente impartite per la cessazione di ulteriori lavori per la costruzione di basi per la installazioni di armi, ha impartito un nuovo ordine perché le armi da voi definite offensive vengano smantellate e riportate nell'Unione Sovietica.» <16 La risposta di Kennedy non tardò ad arrivare e concordò con il leader sovietico sull'inevitabilità di porre fine alla corsa agli armamenti per «ridurre la tensione mondiale.» <17
[NOTE]
12 Pons S., 2012, La rivoluzione globale: storia del comunismo internazionale, 1917-1991, Torino, Einaudi, pp.280-286
13 Ivi, p.295
14 Pons S., 2012, La rivoluzione globale: storia del comunismo internazionale, 1917-1991, Torino, Einaudi, pp.298-302
15 Alicata M., 29 ottobre 1962, La trattativa, in L'Unità, n.43 (285)
16 La lettera di Chruščëv, 29 ottobre 1962, Prossima trattativa sulle basi nel mondo e altre questioni decisive per la pace, in «L'Unità», n.43 (285)
17 Ivi, La risposta di Kennedy
Serena Nardo, Il ruolo del Partito Comunista Italiano nella guerra fredda: lotta per l'autonomia dalle superpotenze, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2021-2022