Nel comune di Rapino <3776 dopo l’8 settembre 1943 si costituirono due formazioni partigiane che restarono attive fino all’inizio del giugno 1944: una comandata da Erminio Costantini che prese il nome di Banda Rapino <3777; l’altra diretta dall’allora parroco del paese, don Fausto Caliari, che assunse la denominazione di GAP Caliari <3778. La Commissione Regionale Abruzzese, in data 15 maggio 1947 così si espresse preliminarmente sull’attività resistenziale svoltasi nel comune della provincia di Chieti: «esaminata la relazione in atti sull’attività svolta dalla Banda “RAPINO” in periodo di occupazione nazi-fascista dall’8/9/43 al 9/6/44 in località Rapino (Chieti) udite le dichiarazioni e letta la relazione presentata dai membri commissari: MARCANTONIO Giuseppe e PALLUNDO Nevio incaricati per l’inchiesta sul luogo; DELIBERA 1) - di riconoscere la Banda ”RAPINO” quale formazione partigiana al comando di COSTANTINI Erminio; 2) - di riconoscere la qualifica di Partigiano o Patriota a tutti gli elementi inclusi nel ruolino, revisionato, in numero di 63 Partigiani e 11 Patrioti. Nel numero di Partigiani sono compresi anche i Caduti per la lotta di liberazione in numero di 8; 3) - di riconoscere la qualifica di Partigiano Combattente “Isolato” al sacerdote CALIARI Fausto, al Sig. Martini Lorenzo e Paolucci Nunziato e quella di Patriota isolati [sic!] ad Amoroso Giovanni per il periodo 8 Settembre 1943 - 8 Marzo 1944 i quali pur avendo operato in collegamento con la Banda hanno svolta attività da isolati» <3779.
Appena quattro mesi dopo, ancora detta Commissione nella seduta del 23 settembre 1947, riprese in mano la pratica stabilendo che: «richiamandosi al verbale di seduta relativo al riconoscimento della Banda “Rapino - pratica n. 074 - comandata da Costantini Ermino, Formazione Partigiana che venne riconosciuta dopo aver udita la relazione dei membri commissari PALLURIO Nevio e MARCANTONIO Giuseppe, incaricati per l’inchiesta; ritenuto che dal ruolino della formazione vengono esclusi alcuni nominativi relativi ad un Gruppo Partigiano che, capeggiati dal Sac. Caliari Fausto ebbero a svolgere in periodo di occupazione nazi-fascista una attività partigiana indipendente da quella della Banda “Rapino”; prese in esame la relazione e documentazione probatoria in atti presentata, in un secondo tempo, dal Sacerdote nominato; constatato che in essa si ravvisano gli estremi per il riconoscimento della qualifica di Partigiano; DELIBERA di riconoscere il G.A.P. CALIARI di Rapino quale Formazione Partigiana al comando del Sac. CALIARI Fausto per il periodo 8/9/43 - 10/6/44; di riconoscere la qualifica di Partigiano Combattente a tutti gli elementi inclusi nel ruolino allegato alla Formazione stessa, eccetto due: PAOLUCCI Palmiro <3780 Caduto e AMOROSO Amalia rispettivamente riconosciuti Partigiano Combattente Caduto per la Lotta di Liberazione e Patriota in seno alla Banda “Rapino” comandata dal COSTANTINI Erminio» <3781.
Al termine dell’iter di riconoscimento, all’interno della banda Rapino venne riconosciuta la qualifica di partigiano combattente a circa 75 elementi tra cui 5 caduti <3782 e 2 feriti <3783 per la lotta di liberazione, 1 disperso <3784, 1 comandante di distaccamento partigiano <3785, 2 comandanti di squadra partigiana <3786 e 10 comandanti di nucleo partigiano <3787. Nella stessa furono riconosciuti anche 20 patrioti. Per contro nel G.A.P. Caliari, la Commissione concesse la qualifica di partigiano solo a 6 degli elementi del ruolino <3788.
Le due bande, benché di dimensioni molto diverse e di piena «autonomia di comando e di azioni», secondo don Caliari ebbero tra loro contatti diretti e continuati al punto che «in certe azioni il comando si unificò» e «i Capi sia nelle azioni particolari come nella azioni generali si mantenevano in relazione continua ed agivano in perfetto accordo». Non di meno «non si può parlare di subordinazione né per i Gruppi e neppure per i Comandanti di gruppo. Il sottoscritto [don Caliari] non ha mai né dato e né ricevuto comandi dal Sig. Costantini Erminio, come neppure i miei uomini»3789. La prossimità tra le due bande rende però inevitabile la loro sovrapposizione, nella ricostruzione complessiva dell’esperienza resistenziale del piccolo comune, sovrapposizione che si rinviene anche tra alcuni dei nominativi degli appartenenti alle due formazioni.
La banda di Rapino si formò in seguito all’incontro tra il sergente Erminio Costantini, rientrato presso la sua abitazione dopo «una serie di varie peripezie» <3790, e i fratelli Marcello e Leonida Mucci <3791 che, accompagnati dal capitano Aldo Zannolli, giunsero in paese con l’intenzione di costituirvi un reparto partigiano in qualità di inviati della resistenza chietina <3792. Consolidato il sodalizio, alla banda furono affidati essenzialmente due compiti: difendere Rapino «con uomini e mezzi del paese e con l’aiuto dei forestieri per poi attaccare il tedesco contemporaneamente con Francavilla, Palombaro ecc.» <3793, e fornire appoggio ed assistenza <3794, in termini di armamenti e viveri, sia ai militari che agli elementi civili della banda Palombaro che a breve avrebbe attuato il suo trasferimento nel paese omonimo <3795. Secondo quanto riportato nella dichiarazione rilasciata il 5 marzo 1946 dalla sezione di Rapino del Partito Comunista Italiano a firma di Alberto Cinosi, nel paese venne stabilito «il Comando Generale delle Bande della Provincia capitanato dal Capitano Guzzi e Zanolli e dai sottotenenti Fratelli Mucci, Zanolli, Consolaro e Bracco» <3796. La banda crebbe rapidamente di numero anche grazie all’adesione di elementi residenti nei vicini paesi di Pretoro <3797, Pennapiedimonte <3798 e della frazione Caporosso di Guardiagrele <3799. Ne entrarono a far parte anche gli stessi familiari <3800 del Costantini: il padre Antonio, la madre Solidea Medaglia <3801, le sorelle Clotilde e Feliciana <3802, la moglie Eugenia Costantini ed il loro figlioletto di soli 11 anni Antonio <3803. Quest’ultimo, grazie alla sua giovane età fu spesso utilizzato per trasportare munizioni, pistole, biglietti e medicinali tra i diversi nuclei della banda <3804. Avendolo proposto per la medaglia d’argento al valor militare e vedendo tale richiesta respinta dalla Commissione Regionale Abruzzese il 31 luglio 1948, 21 partigiani della Rapino e diversi altri della banda Palombaro sottoscrissero una vibrante protesta al provvedimento che a loro dire avrebbe privato «di una degna ricompensa la loro “mascotte” che tanto onore si rese nelle azioni singole e collettive portate contro l’invasore nazi-fascista durante mesi e mesi di occupazione barbaria [sic!] e deleteria, rischiando incoscientemente, ora per ora, minuto per minuto, la sua giovane vita e un avvenire che gli si mostrava radioso, senza che nessuno lo avesse invitato o chiamato, ma spinto soltanto da una forza sconosciuta che soltanto a pochi ragazzi di quella giovane età può essere consentita» <3805.
Ben diverso invece l’esordio della formazione di don Caliari, il quale fresco della nomina <3806 a vice parroco di Rapino con funzione «di reggenza della Parrocchia» <3807 giunse in paese nella seconda metà del mese di agosto 1943 e a suo dire ebbe subito modo di apprezzare tra i suoi compaesani «ottimi elementi per fondare un’organizzazione atta a mantenere in mezzo al mio popolo, in quel periodo di smarrimento generale […] e per rintuzzare qualsiasi velleità di disgregazione da parte di elementi opposti» <3808. Stabilì quindi rapporti con i due fratelli Nunziato e Palmino Paolucci <3809, con Lorenzo Martino e con l’ex ufficiale russo Arturo Kirt, allora internato politico, con i quali costituì il primo nucleo della sua banda al fine «di lottare contro l’oppressore nazi-fascista per salvare l’Italia»; ma si presume, più pragmaticamente, «per la necessità di difenderci e difendere ciò che di più caro possediamo: la libertà» <3810. A differenza della banda Rapino, il G.A.P. Caliari operò in autonomia - senza «direttive o Capi venuti da lontano» - con mezzi, esperienza e tattica ispirati «dalle speciali condizioni nella quali venivamo a trovarci» <3811. Unici aiuti richiesti furono quelli agli Alleati, ma, sottolineò il parroco, «non ci vennero mai elargiti» <3812.
L’attività partigiana a Rapino iniziò con le iniziative del Costantini che, fatto circondare il paese dai suoi uomini <3813, ordinò anche l’assalto alla locale caserma dei CC.RR. per recuperarne armamenti <3814, oltre che all’ufficio postale «togliendo tutte le comunicazioni telegrafiche e telefoniche del paese» <3815. Parimenti procedette come da accordi al sostegno ai partigiani in transito verso Palombaro che vennero alloggiati, vettovagliati ed equipaggiati <3816 con le armi sottratte, ma anche con quelle fatte recapitare da Chieti presso l’abitazione del capobanda <3817. Segnalati anche atti di sabotaggio a linee telefoniche e a mezzi tedeschi «in contrada Casotto e Meleto di Rapino e contrada Uterio [o Auterio <3818] di S. Martino sulla Marruccina» <3819, a cui secondo le fonti parteciparono anche uomini del G.A.P. Caliari <3820.
Verso la fine di settembre, raccontò don Caliari, arrivò a Rapino «un’autocolonna del Comando Supremo Italiano, composta di una quarantina di macchine, comandata da un Capitano e da alcuni ufficiali e con una settantina di soldati specializzati» <3821. Dopo che si fu stanziata nella «località fra la chiesa della Madonna di Carpineto e il cimitero», il sacerdote si presentò al «demoralizzato» ufficiale in comando per offrirgli la sua opera e tutto il suo ascendente sulla popolazione, «per poter concorrere a salvare dalla rapacità dei tedeschi» i mezzi e le attrezzature in dotazione tra cui anche le stazioni radio-trasmittenti <3822. L’ufficiale in comando ringraziò ma rifiutò - perché mal consigliato dai carabinieri Bertolazzi e Paolucci <3823, fu la spiegazione di don Caliari. Ad approfittare della presenza dei mezzi dello «Stato Maggiore Italiano» fu invece il Costantini che riferì di essersi impossessato di un’autovettura 1100 «per il fabbisogno indispensabile in quei giorni» <3824. Al sopraggiungere dei primi tedeschi in paese alcune di queste autovetture vennero rinvenute, requisite e quindi «rimorchiate dai reparti tedeschi venuti appositamente con trattori», poiché private delle pompe di iniezione <3825. Nel difficile frangente, il parroco riferì di minacce di rappresaglia di cui furono fatti oggetto il Podestà e la popolazione, ed anche dell’atteggiamento eccessivamente zelante del comandante della locale stazione dei carabinieri, uomo «paurosissimo, volubile e di tendenze più tedesche che italiane» <3826.
A seguito l’attacco teutonico a Palombaro dei primi di ottobre - riferì il Costantini che «i tedeschi si portarono in detta località con mezzi blindati e molte armi automatiche e con ben 500 uomini» <3827 - da Rapino partì immediatamente un contingente di uomini armati di 10 armi automatiche, sette casse di munizioni e bombe a mano <3828. Giunti però nei pressi dell’area interessata e «avendo appreso che i compagni avevano desistito dal combattimento», i partigiani rapinesi fecero dietro front e dopo aver lasciato le casse di munizioni e bombe a mano - «dato che le accidentalità del terreno non permettevano il carico rilevante» - al «gessarolo» di Pennapiedimonte, rientrarono in paese <3829. Nei giorni successivi, così come gli fu ordinato, la banda Rapino rimase «in armi e in piedi», così da poter raccogliere gli uomini sbandati provenienti da Palombaro, e poi accompagnarli a Fara Filiorum Petri <3830. Per il servizio, riferì il Costantini, «ci servivamo di tre uomini che ogni giorno compivano sei viaggi» <3831. Riferito anche un assalto a una colonna tedesca in ritirata verso piedi della Maiella, compiuto in località Casoto che «riuscì senza subire perdite» <3832. Qualche giorno dopo, il capobanda per ordine a suo dire dello Zannolli, lasciò con famiglia e compagni il paese per rifugiarsi sulla montagna di Rapino dove aveva una piccola casa in località Grotte Doddo <3833, in prossimità della quale, per alloggiare tutti, furono costruiti tre baraccamenti e una nuova costruzione denominata poi «Casa Blanca» <3834, stando al Costantini «ben chiara alla vista ad occhio nudo dalla […] linea del fronte» <3835. Da questo momento in poi i partigiani della Rapino concentrarono la loro attività sull’assistenza <3836 agli ex P.O.W.s <3837 nascosti nelle caverne della zona <3838 e sulla trasmissione di informazioni sui movimenti delle truppe tedesche, fatte pervenire agli alleati a mezzo biglietti affidati a coloro che con la guida di partigiani della banda passavano in territorio liberato <3839. In alcune occasioni a presentarsi a Casa Blanca per ricevere assistenza furono anche soldati polacchi di nazionalità tedesca <3840: in questi casi il Costantini, con la collaborazione di «una signorina giornalista inglese che parlava bene il tedesco», provvide a disarmarli, rivestirli di abiti civili e alloggiarli, sebbene in una zona diversa rispetto agli ex prigionieri alleati e ai fuggiaschi italiani, per poi coadiuvarli nell’attraversamento del fronte <3841. La messa in sicurezza oltre le linee nemiche non riguardò solo uomini, ma anche capi di bestiame: nella seconda decade dicembre su ordine del Costantini il partigiano Giovanni Dell’Oso <3842 accompagnò un allevatore e le sue 1.000 pecore, 10 mucche e 5 cavalli dalla montagna di Rapino, per via monte Amaro, fino a Fara San Martino <3843.
Intanto in paese, dall’ottobre «l’occupazione tedesca, in un primo tempo timorosa, si appesantì» <3844. A patirne le conseguenze furono gli internati politici che don Caliari, subdorato il pericolo incombente di cattura, avvisò tempestivamente così da consentirgli di abbandonare il paese per rifugiarsi sulla Maiella <3845. Fu invece il parroco stesso, con il Podestà e il vicesegretario di Rapino ad essere tratto in arresto da soldati tedeschi dipendenti dal comando di Guardiagrele <3846, «per il suo atteggiamento ostile alle forze tedesche occupanti» <3847. I tre furono rilasciati dopo una breve detenzione <3848. In questo stesso periodo il sacerdote e gli uomini alle sue dipendenze coadiuvati da «donne volonterose e coraggiose», strutturarono la loro fitta rete di assistenza in favore degli ex prigionieri alleati <3849 che in gran numero erano concentrati nell’area della Maiella, suddividendoli spontaneamente grossomodo in tre gruppi. Un primo gruppo - stando alla sua ricostruzione - era composto quasi unicamente da ufficiali sostenuti dalla banda del Costantini, «anche con cibarie e vestiti» procurati dal gruppo del Caliari. Ai viveri il parroco provvide grazie alle raccolte presso generose famiglie del paese <3850 o acquistandoli a sue spese dai contadini, mentre i capi di abbigliamento furono prelevati dalla casa della ex GIL <3851, nonostante la ritrosia del Podestà «che temeva osservazioni e sopraluoghi da parte dei fascisti di Chieti» <3852. Un secondo gruppo, formato da sottufficiali e soldati, venne interamente sostentato dal G.A.P. rapinese, come per altro un terzo gruppo, sebbene più sporadicamente, che si trovava «sulla montagna di Pretoro» <3853. La banda si prese inoltre cura degli internati politici che formavano un quarto gruppo di rifugiati sulle montagne. Tra le iniziative umanitarie anche la distribuzione di medicinali, piccole somme di denaro ai più bisognosi, e documenti falsificati agli «stranieri che ne erano privi» <3854. Con l’inoltrarsi dell’inverno particolarmente rigido si rese necessario a giudizio di don Caliari trovare un passaggio sicuro per «portare a salvamento» quanti più prigionieri possibile oltre le linee del fronte <3855. A tal scopo, «alcuni giorni prima del Natale 1943», lui e Nunziato Paolucci si recarono in perlustrazione: dopo aver attraversato la strada Bocca di Valle-Guardiagrele, «all’altezza di Comino, approfittando della momentanea assenza di una sentinella raggiugemmo il torrente Laio e, costeggiandolo, pervenimmo oltre Caprafico <3856, zona di nessuno, ma con predominio delle pattuglie inglesi» <3857. Soddisfatti delle informazioni raccolte, i due ripresero la via del ritorno, ma a causa dell’oscurità assoluta smarrirono la direzione e dopo tre ore di marcia si ritrovarono sulla strada Pennapiedimonte-Bocca di Valle dove incapparono in una pattuglia di alpini tedeschi che li trasse in arresto <3858. Portati nelle carceri militari di Roccamontepiano, solo due giorni dopo don Caliari riuscì a ottenere un colloquio con un ufficiale della Gendarmeria tedesca che convinse con l’inganno a restituire loro la libertà <3859.
[NOTE]
3776 Rapino, comune in provincia di Chieti, sito 400 m.s.m. su un colle nella zona sorgentifera del fiume Foro.
3777 La documentazione della Banda Rapino si trova nella busta della Banda Rodomonte 1. Cfr. ivi.
3778 ACS, Ricompart, Abruzzo, G.A.P. Caliari di Rapino (d’ora in poi G.A.P. Caliari).
3779 Ivi, Banda Rapino, Commissione Regionale Abruzzese per il riconoscimento della qualifica di partigiano, L’Aquila, pratica n. 074. In una precedente seduta in data 19 ottobre 1949, prot. n. 2253 la Commissione giudicò esagerato il numero di elementi della Rapino indicati nel ruolino ed invitò il Costantini a precisare l’attività svolta «da ciascun componente della Banda, nonché il periodo di effettiva appartenenza».
3780 Nei documenti della Banda è sempre chiamato Palmino.
3781 Ivi, G.A.P. Caliari, Commissione Regionale Abruzzese per il riconoscimento della qualifica di partigiano, L’Aquila, a data 29 ottobre 1947, prot. n. 3661, pratica n. 0180.
3782 Amoroso Luigi, nato a Guardiagrele (CH) l’8 maggio 1896, soldato, ha svolto attività partigiana nella banda Rapino dal 20/09/43 al 01/04/44, giorno in cui fu ucciso per rappresaglia dai tedeschi in località Piano San Bartolomeo di Guardiagrele. Riconosciuto partigiano combattente caduto per la lotta di Liberazione. Cfr. ivi, schedario partigiani e schedario caduti e feriti; Di Battista Gioacchino, nato a Pennapiedimonte (CH) il 3 settembre 1902, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 02/12/43, giorno in cui fu fucilato dai tedeschi per rappresaglia a Pennapiedimonte. Riconosciuto partigiano combattente caduto per la lotta di Liberazione. Cfr. ibidem. «[…] dette cospicuo aiuto a molti prigionieri alleati, e successivamente delle utili informazioni circa i movimenti tedeschi […] specie nel riportare tutte le sue novità circa la forza nemica ed i suoi spostamenti», fino a che la sera del 12 dicembre 1943 venne «scoperto dalle truppe tedesche e fucilato sedutastante», ivi, Banda Rapino, atto di notorietà del 10 luglio 1946 presso il comune di Pennapiedimonte (CH); Di Bello Natalino o Natale, nato a Pennapiedimonte (CH) il 24 dicembre 1894, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/12/43, giorno in cui fu ucciso dai tedeschi per rappresaglia in Pennapiedimonte. Riconosciuto partigiano combattente caduto per la lotta di Liberazione. Cfr. ivi, schedario partigiani e schedario caduti e feriti. «[…] dopo una missione voluta dal comando militare alleato […] scoperto dai tedeschi il suo operato fu fucilato sull’istante e poi tagliato la testa e istantaneamente mi distrussero l’abitazione», ivi, Banda Rapino, dichiarazione della moglie del caduto Di Marca Maria; Di Placido Paolo, nato a Pennapiedimonte (CH) il 20 maggio 1910, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/12/43, giorno in cui fu fucilato dai tedeschi per rappresaglia in località Cavata di Pennapiedimonte. Riconosciuto partigiano combattente caduto per la lotta di Liberazione. Cfr. ivi, schedario partigiani e schedario caduti e feriti. «[…] dopo varie assistenze prodigate a favore di molti prigionieri Alleati fuggiti da campi di concentramento, e varie missioni portate a fine, venne scoperto e ricercato dalle truppe tedesche. Per tale motivo spostò l’intera famiglia nel territorio di Guardiagrele […]. L’8 dicembre 1943, si recò di nuovo a Pennapiedimonte per rifornirsi di viveri lasciati nella vecchia casa di abitazione. Venne scoperto dai tedeschi e fucilato poco dopo in contrada “Cavato” del detto comune», ivi, Banda Rapino, atto di notorietà del 10 luglio 1946 presso il comune di Pennapiedimonte. All’atto della perquisizione da parte dei tedeschi «gli fu rinvenuto in tasca dei documenti delle truppe alleate che gli fece immediata condanna di morte», ivi, dichiarazione della moglie del caduto di Bello Consolina. Paolucci Palmino, nato a Rapino (CH) il 25 marzo 1904, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 25/09/43 al 16/01/44, giorno in cui fu ucciso dai tedeschi per rappresaglia in località Colle Barone di Guardiagrele (CH). Riconosciuto partigiano combattente caduto per la lotta di Liberazione. Cfr. ivi, schedario partigiani e schedario caduti e feriti. «[…] munito di importanti documenti, si avviò alla volta di Guardiagrele per raggiungere le linee alleate e portare a termine la sua missione presso il Comando Alleato in Casoli. In questo tentativo incontrò la morte dal piombo Tedesco il 16-1-1944. Il suo cadavere fu rinvenuto nella zona di Guardiagrele dopo molto tempo dalla liberazione del paese. Nella cintura dei pantaloni furono ritrovati anche i documenti che il Paolucci doveva recapitare al Comando Alleato», ivi, Banda Rapino, dichiarazione della moglie del caduto Amoroso Maria a data 24 aprile 1946.
3783 Grosso Giovanni, nato a Rapino (CH) il 9 settembre 1898, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/04/44, giorno in cui fu ferito alla coscia destra ed al braccio sinistro a Rapino da fucile mitragliatore tedesco. Riconosciuto partigiano combattente invalido per la lotta di Liberazione, Cfr. ivi, schedario partigiani e schedario caduti e feriti; Micucci Rocco, nato a Rapino il 6 febbraio 1910, caporal maggiore, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44, ferito il 1° aprile 44 dai tedeschi a Rapino riportando «lesione in corrispondenza della regione dorsale del piede destro con limitazione notevole del movimento delle dita». Riconosciuto partigiano combattente invalido per la lotta di Liberazione. Ivi, schedario partigiani e schedario caduti e feriti. Le circostanze del suo ferimento furono riferite nella relazione del padre, Micucci Giustino, secondo cui: il 1° di aprile due tedeschi si recarono presso l’abitazione dei Micucci cercando dei prigionieri nascosti – in effetti la famiglia aveva dato alloggio a diversi di questi nei mesi precedenti ma in tale data casualmente non ve ne erano – intimandogli di alzare le mani e tenendoli sotto il tiro di un fucile mitragliatore. In quel difficile frangente, «con una vibrata decisiva di braccio, mio figlio fece scendere la bocca dell’arma dalle mani dell’avversario, tiragli un rapido pugno sul mento». Nello scomposto movimento per non finire a terra, il tedesco «fece partire una scarica di pallottole ferendo me e facendo rimanere mutilato mio figlio», ivi, Banda Rapino, relazione di Micucci Giustino a data 1° marzo 1946. Cfr. ivi anche relazione di Micucci Rocco e dichiarazione di Torto Laura, moglie del Micucci Rocco.
3784 Amoroso Luigi, nato a Rapino (CH) il 28 luglio 1902, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 18/01/44, giorno in cui scomparve senza dar più notizie di sé. Cfr. ivi, schedario partigiani. Risulta essere disperso: «la notte del 19 Gennaio 1944, perché ricercato dai tedeschi per aver assiduamente collaborato con la banda partigiana d Rapino e per aver aiutato prigionieri di guerra alleati, a fine di sottrarsi a vessazioni e a rappresaglie partì ala volta di Guardiagrele con altri compagni per attraversare le linee di combattimento in contrada “COLLE DELLE FORMICHE” e raggiungere il campo anglo-americano […] sorpreso dai tedeschi dopo essere stato fatto segno a fuoco di arma automatica, e, da questi catturato, fu trasportato unitamente agli altri presso le postazioni avanzate tedesche […]. Quivi i catturati furono sotto l’incubo della morte per essere continuamente minacciati, ed infine fu fatto loro scavare una fossa, dove i tedeschi intendevano seppellirli dopo averli resi cadaveri. L’Amoroso, rimasto solo nelle mani del nemico, avendo i compagni trovato scampo nella fuga, non ha fatto fino ad oggi ritorno in famiglia per cui si ritiene che sia stato trucidato dai tedeschi, maggiormente inaspriti alla vendetta per la fuga dei compagni», ivi, Banda Rapino, atto di notorietà del 4 gennaio 1946 presso la R. Prefettura di Guardiagrele.
3785 Costantini Erminio, nato a Buenos Aires (Argentina) il 13 novembre 1908, sergente maggiore, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente maggiore e comandante di distaccamento partigiano dal 08/09/43 al 03/06/44. Cfr. ivi, schedario partigiani. «Capo banda armato comandante della forza in Rapino, e gregario del Comando Superiore in Rapino della Zona», ivi, Banda Rapino, Quadro generale della formazione partigiana di Rapino, redatto da Costantini Erminio. Nella copia conforme del certificato che il generale Alexander, Comandante in Capo delle Armate Alleate in Italia, ha rilasciato a lui, si legge: «Nel nome dei governi e dei popoli delle Nazioni Unite, ringraziamo Costantini Erminio di Antonio di aver combattuto il nemico sui campi di battaglia, militando nei ranghi dei patrioti tra questi uomini che hanno portato le armi per il trionfo della libertà svolgendo operazioni offensive, compindo [sic!] atti di sabotaggio, fornendo informazioni militari. Col loro coraggio e la loro dedizione i patrioti italiani hanno contribuito validamente alla liberazione dell’Italia e alla grande casa di tutti gli uomini liberi. Nell’Italia rinata i possessori di questo attestato saranno acclamati come Patrioti che hanno combattuto per l’onore e la libertà», ivi.
3786 Costantini Antonio di Erminio, nato a Rapino il 1° dicembre 1887, ha svolto attività partigiana come maresciallo ordinario e comandante di squadra partigiana nella Banda Rapino, dal 16/09/43 al 09/06/44, partigiano. Cfr. ivi, schedario partigiani. Vicecomandante animato e armato da combattente, vigilante notturno e sabotatore. Cfr. ivi, Banda Rapino, Quadro generale della formazione partigiana di Rapino, redatto da Costantini Erminio. Costantini Eugenia, nata a Buenos Aires (Argentina) il 29 giugno 1908, ha svolto attività partigiana come maresciallo ordinario e comandante di squadra partigiana nella Banda Rapino dal 16/09/43 al 08/06/44. Cfr. ivi, schedario partigiani.
3787 Antolini Alessandro, nato a Rapino (CH) il 16 luglio 1884, ha svolto attività partigiana nella banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 20/09/43 al 08/06/44. Cfr. ibidem; Cinosi Alberto, nato a Rapino (CH) il 16 febbraio 1895, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 16/09/43 al 08/06/44. In seguito alle fatiche patite in montagna subì la riapertura della ferita riportata durante la Prima guerra mondiale dovuta ad una scheggia di granata. Riconosciuto invalido per la lotta di Liberazione. Cfr. ibidem e ivi, schedario caduti e feriti. «Collaborava assiduamente per incrementare l’operato della banda, detenne armi e alloggiò nella sua casa un ufficiale partigiano. Mise a disposizione della banda un apparecchio radio, e si adoperò per la consegna delle armi e munizioni ai compagni partigiani», ivi, Banda Rapino, quadro generale della formazione partigiana di Rapino, redatto da Costantini Erminio. Per maggiori informazioni cfr. ivi la sua relazione; Cocciaglia Vincenzo, nato a Rapino (CH) il 10 aprile 1908, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 20/09/43 al 08/06/44. Cfr. ivi schedario partigiani; D’Alò Giuseppe, nato a Rapino (CH) il 23 febbraio 1916, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 16/09/43 al 08/06/44. Cfr. ibidem; D’Amore Donato, nato a Rapino (CH) il 4 ottobre 1892, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 20/09/43 al 08/06/44. Cfr. ibidem; Di Sipio Cesare, nato a Rapino (CH) il 16 agosto 1914, caporale, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 16/09/43 al 08/06/44. Cfr. ibidem e ivi, Banda Rapino, relazione personale; Ferrante Lino, nato a Rapino (CH) il 13 maggio 1925, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 16/09/43 al 08/06/44. Cfr. ivi, schedario partigiani; Paolucci Elmiro, nato a Rapino (CH) il 25 dicembre 1894, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 16/09/43 al 08/06/44. Cfr. ibidem; Rosano Fiore, nato a Rapino (CH) il 30 aprile 1912, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 16/09/43 al 8/06/44. Cfr. ibidem; Salvatore Rocco, nato a Rapino (CH) il 10 settembre 1888, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 20/09/43 al 08/06/44, ferito il 20 dicembre 1943 da una pallottola in corrispondenza della regione bimalleolare del piede destro. Riconosciuto partigiano combattente invalido per la lotta di Liberazione. Cfr. ibidem e ivi, schedario caduti e feriti.
3788 Caliari Abramo, nato a Bleggio Superiore (TN) il 19 ottobre 1915, caporal maggiore, ha svolto attività partigiana nel G.A.P. Caliari dal 08/09/43 al 10/06/44; Caliari Fausto, nato a Bleggio Superiore (TN) il 13 settembre 1914, ha svolto attività partigiana nel G.A.P. Caliari dal 08/09/43 al 10/06/44; Cellini Americo, nato a Sambuceto (CH) il 29 agosto 1910, ha svolto attività partigiana nel G.A.P. Caliari dal 08/09/43 al 10/06/44; Martino Lorenzo, nato a Rapino (CH) il 25 febbraio 1911, ha svolto attività partigiana nel G.A.P. Caliari dal 08/09/43 al 10/06/44; Paolucci Nunziato, nato a Rapino (CH) il 5 marzo 1904, ha svolto attività partigiana nel G.A.P. Caliari dal 08/09/43 al 10/06/44; Tavoletta Anselmo, nato a San Giovanni Teatino (CH) il 10 agosto 1923, ha svolto attività partigiana nel G.A.P. Caliari dal 08/09/43 al 10/06/44. Cfr. ivi, schedario partigiani.
3789 Ivi, G.A.P. Caliari, sintesi attività di don Caliari.
3790 L’8 settembre ‘43 il Costantini, rientrato dall’Albania, si trovava ad Osoppo (UD) in licenza di gg. 15+4. Avuta la notizia dell’armistizio si mise in viaggio tramite ferrovia per rientrare a casa ma alla stazione di Mestre mezzi blindati e carri armati tedeschi circondarono tre treni, tra cui il suo, e dopo aver fatto scendere tutti gli uomini i tedeschi li incolonnarono per traferirli nel campo di concentramento della città veneta. Informato della destinazione da una signorina, sparse la voce tra gli uomini e poi «incurante delle pallottole tedesche» si diede alla fuga. Cfr. ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3791 Cfr. ibidem.
3792 Cfr. ivi, Banda Palombaro.
3793 Ivi, G.A.P. Caliari, Quadro generale della formazione partigiana di Rapino, redatto da Costantini Erminio.
3794 Cfr. ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3795 Cfr. ibidem.
3796 Ivi, attestazione del Partito Comunista Italiano sezione di Rapino. La circostanza trova riscontro nel Quadro generale della formazione partigiana di Rapino, redatto da Costantini Erminio, in cui sono riportanti i nominativi dei Comandanti di Reparto della Zona con sede a Rapino (borgo Ortaglio): capitani Guzzi e Zannolli, sottotenenti fratelli Mucci, Zannolli, Bracco, Consolari, sergenti maggiori Costantini Erminio e Condò Aldo, e Costantini Antonio e Cinosi Alberto. Cfr. ivi.
3797 Pretoro, comune in provincia di Chieti, sito a 550 km m.s.m. alle falde settentrionali della Maiella, nella zona sorgentifera del fiume Foro. Dista da Rapino 3,6 km.
3798 Pennapiedimonte, comune in provincia di Chieti, sito a 669 m.s.m. alle falde orientali della Maiella, su uno sprone alla sinistra del torrente Avello, ed a 6,5 km. da Rapino
3799 Cfr. ivi, dichiarazione della Legione territoriale dei Carabinieri Reali degli Abruzzi - stazione di Rapino, a firma del Comandante della Stazione Brigadiere Perdono Vincenzo del 19 luglio 1946.
3800 Cfr. ivi, dichiarazione di Costantini Antonio.
3801 Cfr. ivi, relazione di Medaglia Solidea.
3802 Costantini Feliciana, nata a Rapino (CH) il 12 giugno 1911, ha svolto attività di patriota nella banda Rapino. Cfr. ivi, schedario patrioti.
3803 Costantini Antonio di Erminio e Costantini Eugenia, nato a Rapino il 17 ottobre 1933, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 16/09/43 al 09/06/44. Cfr. ivi, schedario partigiani.
3804 Cfr. ivi, Banda Rapino, relazione di Costantini Antonio.
3805 Ivi, ricorso alla Commissione di II grado.
3806 A nominarlo fu l’arcivescovo Mons. Giuseppe Venturi. Cfr. ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3807 Ivi, G.A.P. Caliari, dichiarazione del sindaco del comune di Rapino del 22 settembre 1947.
3808 Ivi, Banda Rapino, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3809 Paolucci Palmino fu riconosciuto tra i caduti della banda Rapino.
3810 Ivi, sintesi attività di don Caliari.
3811 Ibidem.
3812 Ibidem.
3813 Cfr. ivi, Quadro generale della formazione partigiana di Rapino, redatto da Costantini Erminio.
3814 Testimoniata dalle dichiarazioni del Comune di Rapino del 10 luglio 1946, del P.S.I. sezione di Rapino del 13 settembre 1946, e del P.C.I. sezione di Rapino. Cfr. ivi.
3815 Ivi, relazione personale di Costantini Erminio. Testimonianza dell’azione fu resa il 13 aprile 1946 da Ferrante Antonio allora impiegato quale «Ufficiale Postale presso la ricevitoria di Rapino», secondo cui: «nel settembre 1943 mentre ero in ufficio mi si presentarono uomini armati […] e ruppero la linea Telegrafica, e telefonica, per […] servirsene i tedeschi», ivi, dichiarazione di Ferrante Antonio. Altre testimonianze furono rese dai partigiani e partecipanti ai fatti: Cellucci Serafino (nato a Rapino (CH) il 17 luglio 1925, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44), Damiano Tommaso (nato a Rapino (CH) il 17 novembre 1899, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44), Della Valle Donato (nato a Rapino (CH) il 10 dicembre 1910, sergente, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 16/09/43 al 08/06/44), De Nardis Camillo (nato a Rapino (CH) il 23 gennaio 1906, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44), De Nardis Rocco (nato a Rapino (CH) l’11 agosto 1908, autista della Soc. An. Ferrovia ed autolinee di Chieti in servizio lungo la linea Rapino-Francavilla (cfr. ivi, relazione personale), ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 16/09/43 al 08/06/44), Ferrante Silvestro (nato a Rapino (CH) il 15 maggio 1912, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44), Fosco Pietro (nato a Rapino (CH) il 10 giugno 1895, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 16/09/43 al 08/06/44), Medaglia Biase (nato a Rapino (CH) il 13/01/1898, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44), Medaglia Rocco (nato a Rapino (CH) il 25 luglio 1907, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44), Micucci Rocco, Pasquale Carmine (nato a Rapino CH) il 13 aprile 1910, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44) e Rosano Fiore. Cfr. ivi, schedario partigiani e Banda Rapino, relazioni personali.
3816 Testimonianza dell’opera prestata in favore degli uomini della Palombaro si rinviene nella dichiarazione a firma multipla del 1° agosto 1946 secondo cui fu fornito «vitto, alloggio, sigarette e altra assistenza a noi necessaria dal 15 settembre a tutto il dicembre 1943. Ci consta pure che il Costantini ha dato assistenza come a noi a tutti gli ufficiali dell’esercito operante con noi nella zona di Rapino», ivi, Banda Palombaro, dichiarazione dei partigiani.
3817 «[…] armi automatiche ed a ripetizione con le relative munizioni e bombe a mano», ivi, Banda Rapino, relazione personale di Costantini Erminio.
3818 Ivi, dichiarazione del P.C.I. di Rapino.
3819 Ivi, relazione personale di Costantini Erminio. Cfr. ivi, anche dichiarazione della Legione territoriale dei Carabinieri Reali degli Abruzzi - stazione di Rapino, a firma del Comandante della Stazione Brigadiere Perdono Vincenzo del 19 luglio 1946. Testimonianze di tali sabotaggi furono rese dai partigiani e partecipanti ai fatti: Della Valle Donato, Dell’Oso Giovanni, Ferrante Silvestro, Fosco Pietro, Manzi Antonio (nato a Rapino (CH) il 12 giugno 1879, sergente, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 16/09/43 al 08/06/44), Marroncelli Domenico (nato a Rapino (CH) il 21 dicembre 1912, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44), Medaglia Biase, Medaglia Rocco, Pasquale Carmine. Cfr. ivi, schedario partigiani e ivi, Banda Rapino, relazioni personali.
3820 Cfr. ivi, sintesi attività di don Caliari.
3821 Ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3822 Cfr. ibidem.
3823 Secondo la descrizione di don Caliari, il primo era capitano dei Carabinieri «venuto sul luogo da Chieti […]. partì guidando una lussuosa automobile prelevata dall’Auto-colonna stessa, mentre un suo subordinato prelevò una grossa motocicletta»; il secondo era un’incerta figura di ufficiale, «apertamente dichiaratosi filotedesco e filofascista». Nel novembre 1944, al suo rientro in paese, don Caliari annotò di aver ritrovato il Paolucci «comodamente insediato nei locali del Circolo Partigiano di Rapino, diretto dal Sig. Costantini Erminio», ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3824 Ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3825 Cfr. ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3826 Ibidem.
3827 Ivi, relazione personale di Costantini Erminio. Per maggiori informazioni cfr. ivi, anche Banda Palombaro.
3828 Cfr. ivi relazione personale di Costantini Erminio.
3829 Cfr. ibidem.
3830 Cfr. ibidem. L’opera di raccolta e assistenza agli sbandati della banda Palombaro, venne testimoniata anche dall’Antolini Alessandro che nascose alcuni di loro presso una ex sua casa coloniale della zona, e poi venne in possesso delle loro armi quando ripartirono. Le armi vennero quindi consegnate al Costantini Erminio. Cfr. ivi, relazione di Antolini Alessandro del 2 marzo 1946.
3831 Ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3832 Ibidem. Cfr. anche ivi, dichiarazione di Costantini Antonio del 10 ottobre 1945.
3833 Cfr. ivi, Quadro generale della formazione partigiana di Rapino, redatto da Costantini Erminio. Nell’atto notorio redatto presso il comune di Rapino del 22 agosto 1946 e relativo all’attività del Costantini Erminio la località è riportata come Grotte D’Oddo.
3834 Ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3835 Ibidem.
3836 Di tipo logistico, alimentare e sanitario. Cfr. ibidem.
3837 Cfr. ibidem. Ma non solo, ad usufruire dell’assistenza prestata dal Costantini fu anche il partigiano Bruno Eugenio della banda Palombaro, che sarà tra i fucilati di Bussi (cfr. ivi. Banda Palombaro). Il Bruno, di passaggio per una missione a Teramo - più credibilmente in fuga dall’ordine di cattura che i tedeschi avevano messo sulla sua testa - si trattenne a Casa Blanca giusto il tempo per avvertire il Costantini che a breve sarebbero arrivate da Chieti armi e munizioni per lui ma anche per i partigiani delle zone vicine, e per dargli assicurazione che sulla via del ritorno gli avrebbero dato un acconto sulle spese sostenute di lire 50.000. Il Costantini non ebbe modo di incontrarlo mai più. Cfr. ibidem.
3838 Cfr. ivi, relazione di Medaglia Solidea.
3839 Cfr. ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3840 Cfr. ivi, relazione di Costantini Antonio.
3841 Cfr. ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3842 Nato a Rapino (CH) il 22 giugno 1888, ha svolto attività partigiana nella banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44. Cfr. ivi, schedario partigiani.
3843 Cfr. ivi, Banda Rapino, relazione di Dell’Oso Giovanni del 18 gennaio 1946.
3844 Ivi relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3845 «La mattina seguente giunse improvvisa la gendarmeria tedesca ed ebbe la bella sorpresa di trovare le abitazioni degli internati olitici vuote. Soltanto una famiglia di Ebrei tedeschi fu catturata», ibidem.
3846 Cfr. ivi, dichiarazione di don Caliari Fausto del 27 aprile 1946. La circostanza trova conferma nella dichiarazione congiunta di Paolucci Elmiro, impiegato comunale, e Virginio Salvatore, sindaco di Rapino, del 9 ottobre 1946.
3847 Ibidem. Il Paolucci Elmiro, partigiano della banda Rapino, dichiarò anche che in qualità di segretario comunale di Rapino, «prima che l’Ufficio cessasse ogni attività, rilasciai buoni di prelevamento di olio, pane e pasta dalle diverse rivendite per patrioti e prigionieri delle nazioni unite, nascosti e dislocati nelle diverse zone del paese», ibidem.
3848 Cfr. ivi, dichiarazione di don Caliari Fausto del 27 aprile 1946.
3849 Cfr. ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946. Tra cui le sorelle Amoroso Amalia e Concetta, entrambe riconosciute patriote nella Banda Rapino.
3850 Il partigiano Parente Giuseppe riferì di aver coadiuvato «di notte e di giorno» don Caliari, «prendendo grano nella parrocchia [e] facendo collette fra la popolazione». E di aver approfittato del suo ruolo di sacrestano della Chiesa di S. Antonio adiacente in Convento, per nascondervi armi e munizioni. Ivi, relazione di Parente Giuseppe del 12 gennaio 1945. Parente Giuseppe, nato a Rapino (CH) il 23 dicembre 1907, ha svolto attività partigiana nella banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44. Cfr. ivi, schedario partigiani.
3851 Il Costantini ammise che i prigionieri da lui assistiti «furono rivestiti con indumenti forniti dalla Gil», ma non fece parola né di come ne fosse entrato in possesso e né del ruolo svolto da don Caliari nella circostanza. Ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3852 Ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3853 Ibidem.
3854 Ivi, sintesi attività di don Caliari.
3855 Cfr. ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3856 Piccola frazione nella provincia di Chieti il cui territorio appartiene a quattro comuni diversi: Guardiagrele, Casoli, Palombaro e Pennapiedimonte.
3857 Ibidem.
3858 Sulla circostanza testimoniarono alcuni partigiani tra cui Costantini Ermino della banda Rapino. Cfr. ivi, dichiarazione dei partigiani del 9 ottobre 1946.
3859 Cfr. ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
Fabrizio Nocera, Le bande partigiane lungo la linea Gustav. Abruzzo e Molise nelle carte del Ricompart, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, Anno Accademico 2017-2018
Appena quattro mesi dopo, ancora detta Commissione nella seduta del 23 settembre 1947, riprese in mano la pratica stabilendo che: «richiamandosi al verbale di seduta relativo al riconoscimento della Banda “Rapino - pratica n. 074 - comandata da Costantini Ermino, Formazione Partigiana che venne riconosciuta dopo aver udita la relazione dei membri commissari PALLURIO Nevio e MARCANTONIO Giuseppe, incaricati per l’inchiesta; ritenuto che dal ruolino della formazione vengono esclusi alcuni nominativi relativi ad un Gruppo Partigiano che, capeggiati dal Sac. Caliari Fausto ebbero a svolgere in periodo di occupazione nazi-fascista una attività partigiana indipendente da quella della Banda “Rapino”; prese in esame la relazione e documentazione probatoria in atti presentata, in un secondo tempo, dal Sacerdote nominato; constatato che in essa si ravvisano gli estremi per il riconoscimento della qualifica di Partigiano; DELIBERA di riconoscere il G.A.P. CALIARI di Rapino quale Formazione Partigiana al comando del Sac. CALIARI Fausto per il periodo 8/9/43 - 10/6/44; di riconoscere la qualifica di Partigiano Combattente a tutti gli elementi inclusi nel ruolino allegato alla Formazione stessa, eccetto due: PAOLUCCI Palmiro <3780 Caduto e AMOROSO Amalia rispettivamente riconosciuti Partigiano Combattente Caduto per la Lotta di Liberazione e Patriota in seno alla Banda “Rapino” comandata dal COSTANTINI Erminio» <3781.
Al termine dell’iter di riconoscimento, all’interno della banda Rapino venne riconosciuta la qualifica di partigiano combattente a circa 75 elementi tra cui 5 caduti <3782 e 2 feriti <3783 per la lotta di liberazione, 1 disperso <3784, 1 comandante di distaccamento partigiano <3785, 2 comandanti di squadra partigiana <3786 e 10 comandanti di nucleo partigiano <3787. Nella stessa furono riconosciuti anche 20 patrioti. Per contro nel G.A.P. Caliari, la Commissione concesse la qualifica di partigiano solo a 6 degli elementi del ruolino <3788.
Le due bande, benché di dimensioni molto diverse e di piena «autonomia di comando e di azioni», secondo don Caliari ebbero tra loro contatti diretti e continuati al punto che «in certe azioni il comando si unificò» e «i Capi sia nelle azioni particolari come nella azioni generali si mantenevano in relazione continua ed agivano in perfetto accordo». Non di meno «non si può parlare di subordinazione né per i Gruppi e neppure per i Comandanti di gruppo. Il sottoscritto [don Caliari] non ha mai né dato e né ricevuto comandi dal Sig. Costantini Erminio, come neppure i miei uomini»3789. La prossimità tra le due bande rende però inevitabile la loro sovrapposizione, nella ricostruzione complessiva dell’esperienza resistenziale del piccolo comune, sovrapposizione che si rinviene anche tra alcuni dei nominativi degli appartenenti alle due formazioni.
La banda di Rapino si formò in seguito all’incontro tra il sergente Erminio Costantini, rientrato presso la sua abitazione dopo «una serie di varie peripezie» <3790, e i fratelli Marcello e Leonida Mucci <3791 che, accompagnati dal capitano Aldo Zannolli, giunsero in paese con l’intenzione di costituirvi un reparto partigiano in qualità di inviati della resistenza chietina <3792. Consolidato il sodalizio, alla banda furono affidati essenzialmente due compiti: difendere Rapino «con uomini e mezzi del paese e con l’aiuto dei forestieri per poi attaccare il tedesco contemporaneamente con Francavilla, Palombaro ecc.» <3793, e fornire appoggio ed assistenza <3794, in termini di armamenti e viveri, sia ai militari che agli elementi civili della banda Palombaro che a breve avrebbe attuato il suo trasferimento nel paese omonimo <3795. Secondo quanto riportato nella dichiarazione rilasciata il 5 marzo 1946 dalla sezione di Rapino del Partito Comunista Italiano a firma di Alberto Cinosi, nel paese venne stabilito «il Comando Generale delle Bande della Provincia capitanato dal Capitano Guzzi e Zanolli e dai sottotenenti Fratelli Mucci, Zanolli, Consolaro e Bracco» <3796. La banda crebbe rapidamente di numero anche grazie all’adesione di elementi residenti nei vicini paesi di Pretoro <3797, Pennapiedimonte <3798 e della frazione Caporosso di Guardiagrele <3799. Ne entrarono a far parte anche gli stessi familiari <3800 del Costantini: il padre Antonio, la madre Solidea Medaglia <3801, le sorelle Clotilde e Feliciana <3802, la moglie Eugenia Costantini ed il loro figlioletto di soli 11 anni Antonio <3803. Quest’ultimo, grazie alla sua giovane età fu spesso utilizzato per trasportare munizioni, pistole, biglietti e medicinali tra i diversi nuclei della banda <3804. Avendolo proposto per la medaglia d’argento al valor militare e vedendo tale richiesta respinta dalla Commissione Regionale Abruzzese il 31 luglio 1948, 21 partigiani della Rapino e diversi altri della banda Palombaro sottoscrissero una vibrante protesta al provvedimento che a loro dire avrebbe privato «di una degna ricompensa la loro “mascotte” che tanto onore si rese nelle azioni singole e collettive portate contro l’invasore nazi-fascista durante mesi e mesi di occupazione barbaria [sic!] e deleteria, rischiando incoscientemente, ora per ora, minuto per minuto, la sua giovane vita e un avvenire che gli si mostrava radioso, senza che nessuno lo avesse invitato o chiamato, ma spinto soltanto da una forza sconosciuta che soltanto a pochi ragazzi di quella giovane età può essere consentita» <3805.
Ben diverso invece l’esordio della formazione di don Caliari, il quale fresco della nomina <3806 a vice parroco di Rapino con funzione «di reggenza della Parrocchia» <3807 giunse in paese nella seconda metà del mese di agosto 1943 e a suo dire ebbe subito modo di apprezzare tra i suoi compaesani «ottimi elementi per fondare un’organizzazione atta a mantenere in mezzo al mio popolo, in quel periodo di smarrimento generale […] e per rintuzzare qualsiasi velleità di disgregazione da parte di elementi opposti» <3808. Stabilì quindi rapporti con i due fratelli Nunziato e Palmino Paolucci <3809, con Lorenzo Martino e con l’ex ufficiale russo Arturo Kirt, allora internato politico, con i quali costituì il primo nucleo della sua banda al fine «di lottare contro l’oppressore nazi-fascista per salvare l’Italia»; ma si presume, più pragmaticamente, «per la necessità di difenderci e difendere ciò che di più caro possediamo: la libertà» <3810. A differenza della banda Rapino, il G.A.P. Caliari operò in autonomia - senza «direttive o Capi venuti da lontano» - con mezzi, esperienza e tattica ispirati «dalle speciali condizioni nella quali venivamo a trovarci» <3811. Unici aiuti richiesti furono quelli agli Alleati, ma, sottolineò il parroco, «non ci vennero mai elargiti» <3812.
L’attività partigiana a Rapino iniziò con le iniziative del Costantini che, fatto circondare il paese dai suoi uomini <3813, ordinò anche l’assalto alla locale caserma dei CC.RR. per recuperarne armamenti <3814, oltre che all’ufficio postale «togliendo tutte le comunicazioni telegrafiche e telefoniche del paese» <3815. Parimenti procedette come da accordi al sostegno ai partigiani in transito verso Palombaro che vennero alloggiati, vettovagliati ed equipaggiati <3816 con le armi sottratte, ma anche con quelle fatte recapitare da Chieti presso l’abitazione del capobanda <3817. Segnalati anche atti di sabotaggio a linee telefoniche e a mezzi tedeschi «in contrada Casotto e Meleto di Rapino e contrada Uterio [o Auterio <3818] di S. Martino sulla Marruccina» <3819, a cui secondo le fonti parteciparono anche uomini del G.A.P. Caliari <3820.
Verso la fine di settembre, raccontò don Caliari, arrivò a Rapino «un’autocolonna del Comando Supremo Italiano, composta di una quarantina di macchine, comandata da un Capitano e da alcuni ufficiali e con una settantina di soldati specializzati» <3821. Dopo che si fu stanziata nella «località fra la chiesa della Madonna di Carpineto e il cimitero», il sacerdote si presentò al «demoralizzato» ufficiale in comando per offrirgli la sua opera e tutto il suo ascendente sulla popolazione, «per poter concorrere a salvare dalla rapacità dei tedeschi» i mezzi e le attrezzature in dotazione tra cui anche le stazioni radio-trasmittenti <3822. L’ufficiale in comando ringraziò ma rifiutò - perché mal consigliato dai carabinieri Bertolazzi e Paolucci <3823, fu la spiegazione di don Caliari. Ad approfittare della presenza dei mezzi dello «Stato Maggiore Italiano» fu invece il Costantini che riferì di essersi impossessato di un’autovettura 1100 «per il fabbisogno indispensabile in quei giorni» <3824. Al sopraggiungere dei primi tedeschi in paese alcune di queste autovetture vennero rinvenute, requisite e quindi «rimorchiate dai reparti tedeschi venuti appositamente con trattori», poiché private delle pompe di iniezione <3825. Nel difficile frangente, il parroco riferì di minacce di rappresaglia di cui furono fatti oggetto il Podestà e la popolazione, ed anche dell’atteggiamento eccessivamente zelante del comandante della locale stazione dei carabinieri, uomo «paurosissimo, volubile e di tendenze più tedesche che italiane» <3826.
A seguito l’attacco teutonico a Palombaro dei primi di ottobre - riferì il Costantini che «i tedeschi si portarono in detta località con mezzi blindati e molte armi automatiche e con ben 500 uomini» <3827 - da Rapino partì immediatamente un contingente di uomini armati di 10 armi automatiche, sette casse di munizioni e bombe a mano <3828. Giunti però nei pressi dell’area interessata e «avendo appreso che i compagni avevano desistito dal combattimento», i partigiani rapinesi fecero dietro front e dopo aver lasciato le casse di munizioni e bombe a mano - «dato che le accidentalità del terreno non permettevano il carico rilevante» - al «gessarolo» di Pennapiedimonte, rientrarono in paese <3829. Nei giorni successivi, così come gli fu ordinato, la banda Rapino rimase «in armi e in piedi», così da poter raccogliere gli uomini sbandati provenienti da Palombaro, e poi accompagnarli a Fara Filiorum Petri <3830. Per il servizio, riferì il Costantini, «ci servivamo di tre uomini che ogni giorno compivano sei viaggi» <3831. Riferito anche un assalto a una colonna tedesca in ritirata verso piedi della Maiella, compiuto in località Casoto che «riuscì senza subire perdite» <3832. Qualche giorno dopo, il capobanda per ordine a suo dire dello Zannolli, lasciò con famiglia e compagni il paese per rifugiarsi sulla montagna di Rapino dove aveva una piccola casa in località Grotte Doddo <3833, in prossimità della quale, per alloggiare tutti, furono costruiti tre baraccamenti e una nuova costruzione denominata poi «Casa Blanca» <3834, stando al Costantini «ben chiara alla vista ad occhio nudo dalla […] linea del fronte» <3835. Da questo momento in poi i partigiani della Rapino concentrarono la loro attività sull’assistenza <3836 agli ex P.O.W.s <3837 nascosti nelle caverne della zona <3838 e sulla trasmissione di informazioni sui movimenti delle truppe tedesche, fatte pervenire agli alleati a mezzo biglietti affidati a coloro che con la guida di partigiani della banda passavano in territorio liberato <3839. In alcune occasioni a presentarsi a Casa Blanca per ricevere assistenza furono anche soldati polacchi di nazionalità tedesca <3840: in questi casi il Costantini, con la collaborazione di «una signorina giornalista inglese che parlava bene il tedesco», provvide a disarmarli, rivestirli di abiti civili e alloggiarli, sebbene in una zona diversa rispetto agli ex prigionieri alleati e ai fuggiaschi italiani, per poi coadiuvarli nell’attraversamento del fronte <3841. La messa in sicurezza oltre le linee nemiche non riguardò solo uomini, ma anche capi di bestiame: nella seconda decade dicembre su ordine del Costantini il partigiano Giovanni Dell’Oso <3842 accompagnò un allevatore e le sue 1.000 pecore, 10 mucche e 5 cavalli dalla montagna di Rapino, per via monte Amaro, fino a Fara San Martino <3843.
Intanto in paese, dall’ottobre «l’occupazione tedesca, in un primo tempo timorosa, si appesantì» <3844. A patirne le conseguenze furono gli internati politici che don Caliari, subdorato il pericolo incombente di cattura, avvisò tempestivamente così da consentirgli di abbandonare il paese per rifugiarsi sulla Maiella <3845. Fu invece il parroco stesso, con il Podestà e il vicesegretario di Rapino ad essere tratto in arresto da soldati tedeschi dipendenti dal comando di Guardiagrele <3846, «per il suo atteggiamento ostile alle forze tedesche occupanti» <3847. I tre furono rilasciati dopo una breve detenzione <3848. In questo stesso periodo il sacerdote e gli uomini alle sue dipendenze coadiuvati da «donne volonterose e coraggiose», strutturarono la loro fitta rete di assistenza in favore degli ex prigionieri alleati <3849 che in gran numero erano concentrati nell’area della Maiella, suddividendoli spontaneamente grossomodo in tre gruppi. Un primo gruppo - stando alla sua ricostruzione - era composto quasi unicamente da ufficiali sostenuti dalla banda del Costantini, «anche con cibarie e vestiti» procurati dal gruppo del Caliari. Ai viveri il parroco provvide grazie alle raccolte presso generose famiglie del paese <3850 o acquistandoli a sue spese dai contadini, mentre i capi di abbigliamento furono prelevati dalla casa della ex GIL <3851, nonostante la ritrosia del Podestà «che temeva osservazioni e sopraluoghi da parte dei fascisti di Chieti» <3852. Un secondo gruppo, formato da sottufficiali e soldati, venne interamente sostentato dal G.A.P. rapinese, come per altro un terzo gruppo, sebbene più sporadicamente, che si trovava «sulla montagna di Pretoro» <3853. La banda si prese inoltre cura degli internati politici che formavano un quarto gruppo di rifugiati sulle montagne. Tra le iniziative umanitarie anche la distribuzione di medicinali, piccole somme di denaro ai più bisognosi, e documenti falsificati agli «stranieri che ne erano privi» <3854. Con l’inoltrarsi dell’inverno particolarmente rigido si rese necessario a giudizio di don Caliari trovare un passaggio sicuro per «portare a salvamento» quanti più prigionieri possibile oltre le linee del fronte <3855. A tal scopo, «alcuni giorni prima del Natale 1943», lui e Nunziato Paolucci si recarono in perlustrazione: dopo aver attraversato la strada Bocca di Valle-Guardiagrele, «all’altezza di Comino, approfittando della momentanea assenza di una sentinella raggiugemmo il torrente Laio e, costeggiandolo, pervenimmo oltre Caprafico <3856, zona di nessuno, ma con predominio delle pattuglie inglesi» <3857. Soddisfatti delle informazioni raccolte, i due ripresero la via del ritorno, ma a causa dell’oscurità assoluta smarrirono la direzione e dopo tre ore di marcia si ritrovarono sulla strada Pennapiedimonte-Bocca di Valle dove incapparono in una pattuglia di alpini tedeschi che li trasse in arresto <3858. Portati nelle carceri militari di Roccamontepiano, solo due giorni dopo don Caliari riuscì a ottenere un colloquio con un ufficiale della Gendarmeria tedesca che convinse con l’inganno a restituire loro la libertà <3859.
[NOTE]
3776 Rapino, comune in provincia di Chieti, sito 400 m.s.m. su un colle nella zona sorgentifera del fiume Foro.
3777 La documentazione della Banda Rapino si trova nella busta della Banda Rodomonte 1. Cfr. ivi.
3778 ACS, Ricompart, Abruzzo, G.A.P. Caliari di Rapino (d’ora in poi G.A.P. Caliari).
3779 Ivi, Banda Rapino, Commissione Regionale Abruzzese per il riconoscimento della qualifica di partigiano, L’Aquila, pratica n. 074. In una precedente seduta in data 19 ottobre 1949, prot. n. 2253 la Commissione giudicò esagerato il numero di elementi della Rapino indicati nel ruolino ed invitò il Costantini a precisare l’attività svolta «da ciascun componente della Banda, nonché il periodo di effettiva appartenenza».
3780 Nei documenti della Banda è sempre chiamato Palmino.
3781 Ivi, G.A.P. Caliari, Commissione Regionale Abruzzese per il riconoscimento della qualifica di partigiano, L’Aquila, a data 29 ottobre 1947, prot. n. 3661, pratica n. 0180.
3782 Amoroso Luigi, nato a Guardiagrele (CH) l’8 maggio 1896, soldato, ha svolto attività partigiana nella banda Rapino dal 20/09/43 al 01/04/44, giorno in cui fu ucciso per rappresaglia dai tedeschi in località Piano San Bartolomeo di Guardiagrele. Riconosciuto partigiano combattente caduto per la lotta di Liberazione. Cfr. ivi, schedario partigiani e schedario caduti e feriti; Di Battista Gioacchino, nato a Pennapiedimonte (CH) il 3 settembre 1902, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 02/12/43, giorno in cui fu fucilato dai tedeschi per rappresaglia a Pennapiedimonte. Riconosciuto partigiano combattente caduto per la lotta di Liberazione. Cfr. ibidem. «[…] dette cospicuo aiuto a molti prigionieri alleati, e successivamente delle utili informazioni circa i movimenti tedeschi […] specie nel riportare tutte le sue novità circa la forza nemica ed i suoi spostamenti», fino a che la sera del 12 dicembre 1943 venne «scoperto dalle truppe tedesche e fucilato sedutastante», ivi, Banda Rapino, atto di notorietà del 10 luglio 1946 presso il comune di Pennapiedimonte (CH); Di Bello Natalino o Natale, nato a Pennapiedimonte (CH) il 24 dicembre 1894, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/12/43, giorno in cui fu ucciso dai tedeschi per rappresaglia in Pennapiedimonte. Riconosciuto partigiano combattente caduto per la lotta di Liberazione. Cfr. ivi, schedario partigiani e schedario caduti e feriti. «[…] dopo una missione voluta dal comando militare alleato […] scoperto dai tedeschi il suo operato fu fucilato sull’istante e poi tagliato la testa e istantaneamente mi distrussero l’abitazione», ivi, Banda Rapino, dichiarazione della moglie del caduto Di Marca Maria; Di Placido Paolo, nato a Pennapiedimonte (CH) il 20 maggio 1910, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/12/43, giorno in cui fu fucilato dai tedeschi per rappresaglia in località Cavata di Pennapiedimonte. Riconosciuto partigiano combattente caduto per la lotta di Liberazione. Cfr. ivi, schedario partigiani e schedario caduti e feriti. «[…] dopo varie assistenze prodigate a favore di molti prigionieri Alleati fuggiti da campi di concentramento, e varie missioni portate a fine, venne scoperto e ricercato dalle truppe tedesche. Per tale motivo spostò l’intera famiglia nel territorio di Guardiagrele […]. L’8 dicembre 1943, si recò di nuovo a Pennapiedimonte per rifornirsi di viveri lasciati nella vecchia casa di abitazione. Venne scoperto dai tedeschi e fucilato poco dopo in contrada “Cavato” del detto comune», ivi, Banda Rapino, atto di notorietà del 10 luglio 1946 presso il comune di Pennapiedimonte. All’atto della perquisizione da parte dei tedeschi «gli fu rinvenuto in tasca dei documenti delle truppe alleate che gli fece immediata condanna di morte», ivi, dichiarazione della moglie del caduto di Bello Consolina. Paolucci Palmino, nato a Rapino (CH) il 25 marzo 1904, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 25/09/43 al 16/01/44, giorno in cui fu ucciso dai tedeschi per rappresaglia in località Colle Barone di Guardiagrele (CH). Riconosciuto partigiano combattente caduto per la lotta di Liberazione. Cfr. ivi, schedario partigiani e schedario caduti e feriti. «[…] munito di importanti documenti, si avviò alla volta di Guardiagrele per raggiungere le linee alleate e portare a termine la sua missione presso il Comando Alleato in Casoli. In questo tentativo incontrò la morte dal piombo Tedesco il 16-1-1944. Il suo cadavere fu rinvenuto nella zona di Guardiagrele dopo molto tempo dalla liberazione del paese. Nella cintura dei pantaloni furono ritrovati anche i documenti che il Paolucci doveva recapitare al Comando Alleato», ivi, Banda Rapino, dichiarazione della moglie del caduto Amoroso Maria a data 24 aprile 1946.
3783 Grosso Giovanni, nato a Rapino (CH) il 9 settembre 1898, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/04/44, giorno in cui fu ferito alla coscia destra ed al braccio sinistro a Rapino da fucile mitragliatore tedesco. Riconosciuto partigiano combattente invalido per la lotta di Liberazione, Cfr. ivi, schedario partigiani e schedario caduti e feriti; Micucci Rocco, nato a Rapino il 6 febbraio 1910, caporal maggiore, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44, ferito il 1° aprile 44 dai tedeschi a Rapino riportando «lesione in corrispondenza della regione dorsale del piede destro con limitazione notevole del movimento delle dita». Riconosciuto partigiano combattente invalido per la lotta di Liberazione. Ivi, schedario partigiani e schedario caduti e feriti. Le circostanze del suo ferimento furono riferite nella relazione del padre, Micucci Giustino, secondo cui: il 1° di aprile due tedeschi si recarono presso l’abitazione dei Micucci cercando dei prigionieri nascosti – in effetti la famiglia aveva dato alloggio a diversi di questi nei mesi precedenti ma in tale data casualmente non ve ne erano – intimandogli di alzare le mani e tenendoli sotto il tiro di un fucile mitragliatore. In quel difficile frangente, «con una vibrata decisiva di braccio, mio figlio fece scendere la bocca dell’arma dalle mani dell’avversario, tiragli un rapido pugno sul mento». Nello scomposto movimento per non finire a terra, il tedesco «fece partire una scarica di pallottole ferendo me e facendo rimanere mutilato mio figlio», ivi, Banda Rapino, relazione di Micucci Giustino a data 1° marzo 1946. Cfr. ivi anche relazione di Micucci Rocco e dichiarazione di Torto Laura, moglie del Micucci Rocco.
3784 Amoroso Luigi, nato a Rapino (CH) il 28 luglio 1902, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 18/01/44, giorno in cui scomparve senza dar più notizie di sé. Cfr. ivi, schedario partigiani. Risulta essere disperso: «la notte del 19 Gennaio 1944, perché ricercato dai tedeschi per aver assiduamente collaborato con la banda partigiana d Rapino e per aver aiutato prigionieri di guerra alleati, a fine di sottrarsi a vessazioni e a rappresaglie partì ala volta di Guardiagrele con altri compagni per attraversare le linee di combattimento in contrada “COLLE DELLE FORMICHE” e raggiungere il campo anglo-americano […] sorpreso dai tedeschi dopo essere stato fatto segno a fuoco di arma automatica, e, da questi catturato, fu trasportato unitamente agli altri presso le postazioni avanzate tedesche […]. Quivi i catturati furono sotto l’incubo della morte per essere continuamente minacciati, ed infine fu fatto loro scavare una fossa, dove i tedeschi intendevano seppellirli dopo averli resi cadaveri. L’Amoroso, rimasto solo nelle mani del nemico, avendo i compagni trovato scampo nella fuga, non ha fatto fino ad oggi ritorno in famiglia per cui si ritiene che sia stato trucidato dai tedeschi, maggiormente inaspriti alla vendetta per la fuga dei compagni», ivi, Banda Rapino, atto di notorietà del 4 gennaio 1946 presso la R. Prefettura di Guardiagrele.
3785 Costantini Erminio, nato a Buenos Aires (Argentina) il 13 novembre 1908, sergente maggiore, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente maggiore e comandante di distaccamento partigiano dal 08/09/43 al 03/06/44. Cfr. ivi, schedario partigiani. «Capo banda armato comandante della forza in Rapino, e gregario del Comando Superiore in Rapino della Zona», ivi, Banda Rapino, Quadro generale della formazione partigiana di Rapino, redatto da Costantini Erminio. Nella copia conforme del certificato che il generale Alexander, Comandante in Capo delle Armate Alleate in Italia, ha rilasciato a lui, si legge: «Nel nome dei governi e dei popoli delle Nazioni Unite, ringraziamo Costantini Erminio di Antonio di aver combattuto il nemico sui campi di battaglia, militando nei ranghi dei patrioti tra questi uomini che hanno portato le armi per il trionfo della libertà svolgendo operazioni offensive, compindo [sic!] atti di sabotaggio, fornendo informazioni militari. Col loro coraggio e la loro dedizione i patrioti italiani hanno contribuito validamente alla liberazione dell’Italia e alla grande casa di tutti gli uomini liberi. Nell’Italia rinata i possessori di questo attestato saranno acclamati come Patrioti che hanno combattuto per l’onore e la libertà», ivi.
3786 Costantini Antonio di Erminio, nato a Rapino il 1° dicembre 1887, ha svolto attività partigiana come maresciallo ordinario e comandante di squadra partigiana nella Banda Rapino, dal 16/09/43 al 09/06/44, partigiano. Cfr. ivi, schedario partigiani. Vicecomandante animato e armato da combattente, vigilante notturno e sabotatore. Cfr. ivi, Banda Rapino, Quadro generale della formazione partigiana di Rapino, redatto da Costantini Erminio. Costantini Eugenia, nata a Buenos Aires (Argentina) il 29 giugno 1908, ha svolto attività partigiana come maresciallo ordinario e comandante di squadra partigiana nella Banda Rapino dal 16/09/43 al 08/06/44. Cfr. ivi, schedario partigiani.
3787 Antolini Alessandro, nato a Rapino (CH) il 16 luglio 1884, ha svolto attività partigiana nella banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 20/09/43 al 08/06/44. Cfr. ibidem; Cinosi Alberto, nato a Rapino (CH) il 16 febbraio 1895, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 16/09/43 al 08/06/44. In seguito alle fatiche patite in montagna subì la riapertura della ferita riportata durante la Prima guerra mondiale dovuta ad una scheggia di granata. Riconosciuto invalido per la lotta di Liberazione. Cfr. ibidem e ivi, schedario caduti e feriti. «Collaborava assiduamente per incrementare l’operato della banda, detenne armi e alloggiò nella sua casa un ufficiale partigiano. Mise a disposizione della banda un apparecchio radio, e si adoperò per la consegna delle armi e munizioni ai compagni partigiani», ivi, Banda Rapino, quadro generale della formazione partigiana di Rapino, redatto da Costantini Erminio. Per maggiori informazioni cfr. ivi la sua relazione; Cocciaglia Vincenzo, nato a Rapino (CH) il 10 aprile 1908, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 20/09/43 al 08/06/44. Cfr. ivi schedario partigiani; D’Alò Giuseppe, nato a Rapino (CH) il 23 febbraio 1916, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 16/09/43 al 08/06/44. Cfr. ibidem; D’Amore Donato, nato a Rapino (CH) il 4 ottobre 1892, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 20/09/43 al 08/06/44. Cfr. ibidem; Di Sipio Cesare, nato a Rapino (CH) il 16 agosto 1914, caporale, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 16/09/43 al 08/06/44. Cfr. ibidem e ivi, Banda Rapino, relazione personale; Ferrante Lino, nato a Rapino (CH) il 13 maggio 1925, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 16/09/43 al 08/06/44. Cfr. ivi, schedario partigiani; Paolucci Elmiro, nato a Rapino (CH) il 25 dicembre 1894, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 16/09/43 al 08/06/44. Cfr. ibidem; Rosano Fiore, nato a Rapino (CH) il 30 aprile 1912, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 16/09/43 al 8/06/44. Cfr. ibidem; Salvatore Rocco, nato a Rapino (CH) il 10 settembre 1888, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino come sergente e comandante di nucleo, dal 20/09/43 al 08/06/44, ferito il 20 dicembre 1943 da una pallottola in corrispondenza della regione bimalleolare del piede destro. Riconosciuto partigiano combattente invalido per la lotta di Liberazione. Cfr. ibidem e ivi, schedario caduti e feriti.
3788 Caliari Abramo, nato a Bleggio Superiore (TN) il 19 ottobre 1915, caporal maggiore, ha svolto attività partigiana nel G.A.P. Caliari dal 08/09/43 al 10/06/44; Caliari Fausto, nato a Bleggio Superiore (TN) il 13 settembre 1914, ha svolto attività partigiana nel G.A.P. Caliari dal 08/09/43 al 10/06/44; Cellini Americo, nato a Sambuceto (CH) il 29 agosto 1910, ha svolto attività partigiana nel G.A.P. Caliari dal 08/09/43 al 10/06/44; Martino Lorenzo, nato a Rapino (CH) il 25 febbraio 1911, ha svolto attività partigiana nel G.A.P. Caliari dal 08/09/43 al 10/06/44; Paolucci Nunziato, nato a Rapino (CH) il 5 marzo 1904, ha svolto attività partigiana nel G.A.P. Caliari dal 08/09/43 al 10/06/44; Tavoletta Anselmo, nato a San Giovanni Teatino (CH) il 10 agosto 1923, ha svolto attività partigiana nel G.A.P. Caliari dal 08/09/43 al 10/06/44. Cfr. ivi, schedario partigiani.
3789 Ivi, G.A.P. Caliari, sintesi attività di don Caliari.
3790 L’8 settembre ‘43 il Costantini, rientrato dall’Albania, si trovava ad Osoppo (UD) in licenza di gg. 15+4. Avuta la notizia dell’armistizio si mise in viaggio tramite ferrovia per rientrare a casa ma alla stazione di Mestre mezzi blindati e carri armati tedeschi circondarono tre treni, tra cui il suo, e dopo aver fatto scendere tutti gli uomini i tedeschi li incolonnarono per traferirli nel campo di concentramento della città veneta. Informato della destinazione da una signorina, sparse la voce tra gli uomini e poi «incurante delle pallottole tedesche» si diede alla fuga. Cfr. ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3791 Cfr. ibidem.
3792 Cfr. ivi, Banda Palombaro.
3793 Ivi, G.A.P. Caliari, Quadro generale della formazione partigiana di Rapino, redatto da Costantini Erminio.
3794 Cfr. ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3795 Cfr. ibidem.
3796 Ivi, attestazione del Partito Comunista Italiano sezione di Rapino. La circostanza trova riscontro nel Quadro generale della formazione partigiana di Rapino, redatto da Costantini Erminio, in cui sono riportanti i nominativi dei Comandanti di Reparto della Zona con sede a Rapino (borgo Ortaglio): capitani Guzzi e Zannolli, sottotenenti fratelli Mucci, Zannolli, Bracco, Consolari, sergenti maggiori Costantini Erminio e Condò Aldo, e Costantini Antonio e Cinosi Alberto. Cfr. ivi.
3797 Pretoro, comune in provincia di Chieti, sito a 550 km m.s.m. alle falde settentrionali della Maiella, nella zona sorgentifera del fiume Foro. Dista da Rapino 3,6 km.
3798 Pennapiedimonte, comune in provincia di Chieti, sito a 669 m.s.m. alle falde orientali della Maiella, su uno sprone alla sinistra del torrente Avello, ed a 6,5 km. da Rapino
3799 Cfr. ivi, dichiarazione della Legione territoriale dei Carabinieri Reali degli Abruzzi - stazione di Rapino, a firma del Comandante della Stazione Brigadiere Perdono Vincenzo del 19 luglio 1946.
3800 Cfr. ivi, dichiarazione di Costantini Antonio.
3801 Cfr. ivi, relazione di Medaglia Solidea.
3802 Costantini Feliciana, nata a Rapino (CH) il 12 giugno 1911, ha svolto attività di patriota nella banda Rapino. Cfr. ivi, schedario patrioti.
3803 Costantini Antonio di Erminio e Costantini Eugenia, nato a Rapino il 17 ottobre 1933, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 16/09/43 al 09/06/44. Cfr. ivi, schedario partigiani.
3804 Cfr. ivi, Banda Rapino, relazione di Costantini Antonio.
3805 Ivi, ricorso alla Commissione di II grado.
3806 A nominarlo fu l’arcivescovo Mons. Giuseppe Venturi. Cfr. ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3807 Ivi, G.A.P. Caliari, dichiarazione del sindaco del comune di Rapino del 22 settembre 1947.
3808 Ivi, Banda Rapino, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3809 Paolucci Palmino fu riconosciuto tra i caduti della banda Rapino.
3810 Ivi, sintesi attività di don Caliari.
3811 Ibidem.
3812 Ibidem.
3813 Cfr. ivi, Quadro generale della formazione partigiana di Rapino, redatto da Costantini Erminio.
3814 Testimoniata dalle dichiarazioni del Comune di Rapino del 10 luglio 1946, del P.S.I. sezione di Rapino del 13 settembre 1946, e del P.C.I. sezione di Rapino. Cfr. ivi.
3815 Ivi, relazione personale di Costantini Erminio. Testimonianza dell’azione fu resa il 13 aprile 1946 da Ferrante Antonio allora impiegato quale «Ufficiale Postale presso la ricevitoria di Rapino», secondo cui: «nel settembre 1943 mentre ero in ufficio mi si presentarono uomini armati […] e ruppero la linea Telegrafica, e telefonica, per […] servirsene i tedeschi», ivi, dichiarazione di Ferrante Antonio. Altre testimonianze furono rese dai partigiani e partecipanti ai fatti: Cellucci Serafino (nato a Rapino (CH) il 17 luglio 1925, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44), Damiano Tommaso (nato a Rapino (CH) il 17 novembre 1899, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44), Della Valle Donato (nato a Rapino (CH) il 10 dicembre 1910, sergente, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 16/09/43 al 08/06/44), De Nardis Camillo (nato a Rapino (CH) il 23 gennaio 1906, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44), De Nardis Rocco (nato a Rapino (CH) l’11 agosto 1908, autista della Soc. An. Ferrovia ed autolinee di Chieti in servizio lungo la linea Rapino-Francavilla (cfr. ivi, relazione personale), ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 16/09/43 al 08/06/44), Ferrante Silvestro (nato a Rapino (CH) il 15 maggio 1912, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44), Fosco Pietro (nato a Rapino (CH) il 10 giugno 1895, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 16/09/43 al 08/06/44), Medaglia Biase (nato a Rapino (CH) il 13/01/1898, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44), Medaglia Rocco (nato a Rapino (CH) il 25 luglio 1907, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44), Micucci Rocco, Pasquale Carmine (nato a Rapino CH) il 13 aprile 1910, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44) e Rosano Fiore. Cfr. ivi, schedario partigiani e Banda Rapino, relazioni personali.
3816 Testimonianza dell’opera prestata in favore degli uomini della Palombaro si rinviene nella dichiarazione a firma multipla del 1° agosto 1946 secondo cui fu fornito «vitto, alloggio, sigarette e altra assistenza a noi necessaria dal 15 settembre a tutto il dicembre 1943. Ci consta pure che il Costantini ha dato assistenza come a noi a tutti gli ufficiali dell’esercito operante con noi nella zona di Rapino», ivi, Banda Palombaro, dichiarazione dei partigiani.
3817 «[…] armi automatiche ed a ripetizione con le relative munizioni e bombe a mano», ivi, Banda Rapino, relazione personale di Costantini Erminio.
3818 Ivi, dichiarazione del P.C.I. di Rapino.
3819 Ivi, relazione personale di Costantini Erminio. Cfr. ivi, anche dichiarazione della Legione territoriale dei Carabinieri Reali degli Abruzzi - stazione di Rapino, a firma del Comandante della Stazione Brigadiere Perdono Vincenzo del 19 luglio 1946. Testimonianze di tali sabotaggi furono rese dai partigiani e partecipanti ai fatti: Della Valle Donato, Dell’Oso Giovanni, Ferrante Silvestro, Fosco Pietro, Manzi Antonio (nato a Rapino (CH) il 12 giugno 1879, sergente, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 16/09/43 al 08/06/44), Marroncelli Domenico (nato a Rapino (CH) il 21 dicembre 1912, soldato, ha svolto attività partigiana nella Banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44), Medaglia Biase, Medaglia Rocco, Pasquale Carmine. Cfr. ivi, schedario partigiani e ivi, Banda Rapino, relazioni personali.
3820 Cfr. ivi, sintesi attività di don Caliari.
3821 Ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3822 Cfr. ibidem.
3823 Secondo la descrizione di don Caliari, il primo era capitano dei Carabinieri «venuto sul luogo da Chieti […]. partì guidando una lussuosa automobile prelevata dall’Auto-colonna stessa, mentre un suo subordinato prelevò una grossa motocicletta»; il secondo era un’incerta figura di ufficiale, «apertamente dichiaratosi filotedesco e filofascista». Nel novembre 1944, al suo rientro in paese, don Caliari annotò di aver ritrovato il Paolucci «comodamente insediato nei locali del Circolo Partigiano di Rapino, diretto dal Sig. Costantini Erminio», ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3824 Ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3825 Cfr. ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3826 Ibidem.
3827 Ivi, relazione personale di Costantini Erminio. Per maggiori informazioni cfr. ivi, anche Banda Palombaro.
3828 Cfr. ivi relazione personale di Costantini Erminio.
3829 Cfr. ibidem.
3830 Cfr. ibidem. L’opera di raccolta e assistenza agli sbandati della banda Palombaro, venne testimoniata anche dall’Antolini Alessandro che nascose alcuni di loro presso una ex sua casa coloniale della zona, e poi venne in possesso delle loro armi quando ripartirono. Le armi vennero quindi consegnate al Costantini Erminio. Cfr. ivi, relazione di Antolini Alessandro del 2 marzo 1946.
3831 Ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3832 Ibidem. Cfr. anche ivi, dichiarazione di Costantini Antonio del 10 ottobre 1945.
3833 Cfr. ivi, Quadro generale della formazione partigiana di Rapino, redatto da Costantini Erminio. Nell’atto notorio redatto presso il comune di Rapino del 22 agosto 1946 e relativo all’attività del Costantini Erminio la località è riportata come Grotte D’Oddo.
3834 Ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3835 Ibidem.
3836 Di tipo logistico, alimentare e sanitario. Cfr. ibidem.
3837 Cfr. ibidem. Ma non solo, ad usufruire dell’assistenza prestata dal Costantini fu anche il partigiano Bruno Eugenio della banda Palombaro, che sarà tra i fucilati di Bussi (cfr. ivi. Banda Palombaro). Il Bruno, di passaggio per una missione a Teramo - più credibilmente in fuga dall’ordine di cattura che i tedeschi avevano messo sulla sua testa - si trattenne a Casa Blanca giusto il tempo per avvertire il Costantini che a breve sarebbero arrivate da Chieti armi e munizioni per lui ma anche per i partigiani delle zone vicine, e per dargli assicurazione che sulla via del ritorno gli avrebbero dato un acconto sulle spese sostenute di lire 50.000. Il Costantini non ebbe modo di incontrarlo mai più. Cfr. ibidem.
3838 Cfr. ivi, relazione di Medaglia Solidea.
3839 Cfr. ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3840 Cfr. ivi, relazione di Costantini Antonio.
3841 Cfr. ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3842 Nato a Rapino (CH) il 22 giugno 1888, ha svolto attività partigiana nella banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44. Cfr. ivi, schedario partigiani.
3843 Cfr. ivi, Banda Rapino, relazione di Dell’Oso Giovanni del 18 gennaio 1946.
3844 Ivi relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3845 «La mattina seguente giunse improvvisa la gendarmeria tedesca ed ebbe la bella sorpresa di trovare le abitazioni degli internati olitici vuote. Soltanto una famiglia di Ebrei tedeschi fu catturata», ibidem.
3846 Cfr. ivi, dichiarazione di don Caliari Fausto del 27 aprile 1946. La circostanza trova conferma nella dichiarazione congiunta di Paolucci Elmiro, impiegato comunale, e Virginio Salvatore, sindaco di Rapino, del 9 ottobre 1946.
3847 Ibidem. Il Paolucci Elmiro, partigiano della banda Rapino, dichiarò anche che in qualità di segretario comunale di Rapino, «prima che l’Ufficio cessasse ogni attività, rilasciai buoni di prelevamento di olio, pane e pasta dalle diverse rivendite per patrioti e prigionieri delle nazioni unite, nascosti e dislocati nelle diverse zone del paese», ibidem.
3848 Cfr. ivi, dichiarazione di don Caliari Fausto del 27 aprile 1946.
3849 Cfr. ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946. Tra cui le sorelle Amoroso Amalia e Concetta, entrambe riconosciute patriote nella Banda Rapino.
3850 Il partigiano Parente Giuseppe riferì di aver coadiuvato «di notte e di giorno» don Caliari, «prendendo grano nella parrocchia [e] facendo collette fra la popolazione». E di aver approfittato del suo ruolo di sacrestano della Chiesa di S. Antonio adiacente in Convento, per nascondervi armi e munizioni. Ivi, relazione di Parente Giuseppe del 12 gennaio 1945. Parente Giuseppe, nato a Rapino (CH) il 23 dicembre 1907, ha svolto attività partigiana nella banda Rapino dal 20/09/43 al 08/06/44. Cfr. ivi, schedario partigiani.
3851 Il Costantini ammise che i prigionieri da lui assistiti «furono rivestiti con indumenti forniti dalla Gil», ma non fece parola né di come ne fosse entrato in possesso e né del ruolo svolto da don Caliari nella circostanza. Ivi, relazione personale di Costantini Erminio.
3852 Ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3853 Ibidem.
3854 Ivi, sintesi attività di don Caliari.
3855 Cfr. ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
3856 Piccola frazione nella provincia di Chieti il cui territorio appartiene a quattro comuni diversi: Guardiagrele, Casoli, Palombaro e Pennapiedimonte.
3857 Ibidem.
3858 Sulla circostanza testimoniarono alcuni partigiani tra cui Costantini Ermino della banda Rapino. Cfr. ivi, dichiarazione dei partigiani del 9 ottobre 1946.
3859 Cfr. ivi, relazione di don Caliari del 14 settembre 1946.
Fabrizio Nocera, Le bande partigiane lungo la linea Gustav. Abruzzo e Molise nelle carte del Ricompart, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, Anno Accademico 2017-2018