Mentre Felix Barrett parla del suo pubblico come l’epicentro, il punto su cui converge tutta l’opera, il mondo accademico mostra come il concetto proposto dal regista sia in realtà ben piu complesso. Il potere di questo nuovo spettatore, un po’ prosumer e un po’ neoliberale, appare qui meno potente, soprattutto soggetto a molteplici pressioni.
Le molteplici interpretazioni differiscono fra loro, a volte in maniera sostanziale, ma la questione, che si può sintetizzare nella gestione della relazione con lo spettatore, è cruciale per l’identità stessa della performance. Per queste ragioni, è stata portata avanti una ricerca qualitativa direttamente sul pubblico della performance; l’obiettivo era quello di comprendere l’allineamento tra le intenzioni di Barrett, le interpretazioni della performance proposte dalla letteratura in analisi e la reale esperienza proposta da "Sleep No More" ai suoi spettatori.
Per la ricerca sono stati formati due gruppi di spettatori: “pubblico regolare” e “pubblico informato”. Le interviste e il focus group che hanno seguito avevano, per entrambi i gruppi, una struttura aperta che, in manieara flessibile, ha seguito le indicazioni della Oral History Association <132.
Il primo gruppo era composto da dieci spettatori individuati casualmente, “at random”, tra il pubblico che aveva assistito a diverse performance di "Sleep No More": i dieci partecipanti sono stati reclutati attraverso il passaparola e la pubblicazione di annunci su Social Media e blog, l'unico limite posto alla partecipazione era l’aver acquistato il biglietto in maniera indipendente, senza alcuna pressione o incentivo legato alla ricerca stessa. I partecipanti sono poi stati intervistati individualmente, o in gruppo laddove avessero visitato la performance insieme <133. La ricerca con il secondo gruppo, invece, è stata portata avanti in collaborazione con The Initiative for the Study and Practice of Organized Creativity and Culture at Columbia University (ISPOCC) <134, potevano far parte parte del gruppo del “pubblico informato” sia i membri di ISPOCC che gli ospiti, per lo più ricercatori in visita. Questo secondo gruppo doveva assistere ad una presentazione-lezione sulla performance in esame, visitare "Sleep No More" e successivamente partecipare a un focus group e/o interviste individuali. L'obiettivo era poter confrontare l’esperienza di un “pubblico regolare” con quella di un pubblico in qualche modo “educato alla performance” che, per utilizzare i termini di White, passava da un participatory drama a un’audience participation; il secondo gruppo, inoltre, era composto da ricercatori consapevoli dei meccanismi di coercizione coinvolti nella performance. La presentazione era divisa in tre parti che coprivano rispettivamente gli aspetti artistici (la trama, la compagnia teatrale, i performer, la scenografia), l’organizzazione dell’evento (la società di produzione, la location, il marketing, etc), e l’esperienza della performance (i meccanismi di gestione del pubblico, i superfan, etc).
All’inizio e alla fine dell’incontro sono state poste alcune domande generali <135 per poter raccogliere informazioni sulla conoscenza e un eventuale giudizio riguardo del fenomeno. È emerso che tutti avevano una conoscenza, anche solo approssimativa, di "Sleep No More"; inoltre, quattro persone avevano pensato o pensavano di andare, ma avevano rinunciato o non avevano ancora deciso quando, cinque lo avevano già visitato e due di loro più di una volta (tre e quattro volte). Nessuno aveva la dimensione dell’investimento finanziario e logistico necessario alla realizzazione della performance, ma i due ricercatori che l’avevano visitata più di una volta erano a conoscenza dell’eco mediatico, dei blog, e dei cosiddetti “superfan”. Le domande e le osservazioni da parte del gruppo, invece, erano aperte durante tutta la presentazione che si concludeva con una serie di indicazioni pratiche per coloro che avrebbero visitato "Sleep No More". Cinque dei tredici ricercatori presenti alla presentazione hanno poi partecipato alla seconda parte del lavoro <136: tre ricercatori sono andati in gruppo, mentre le altre due da sole o con un gruppo di amici esterno alla ricerca. Ognuno ha indagato lo spazio e la performance secondo le proprie attitudini e interessi: una ricercatrice si è concentrata sullo spazio, costruendosi una mappatura mentale dell’hotel; un’altra ha cercato in tutti i modi di capire cosa la spingesse nelle sue scelte, cercando di andare “contro” di esse; un terzo si è focalizzato sul rapporto con i performer, avendo imparato dalle precedenti visite e dalla presentazione che non esisteva una sola trama e che non era possibile seguire un solo performer per tutta la sera, si è dedicato alla ricerca delle esperienze individuali, in particolare a quella che si svolge al sesto piano; gli ultimi due, invece, si sono focalizzati sulla costruzione di una propria esperienza scegliendo di volta in volta di seguire un personaggio, esplorare lo spazio, procedere con gli altri spettatori o andare invece nella direzione opposta.
Ai partecipanti sono poi state poste poche sintetiche domande a risposta aperta legate ai tre argomenti chiave della performance: la libertà di movimento, il ruolo della maschera, la relazione con i performer.
Il ruolo della maschera.
La maschera ha un peso importante nell'esperienza "Sleep No More" e gli intervistati hanno evidenziato come l'essere mascherati permettesse loro di restare in anonimato, dando loro la possibilità di non essere individuati come "lo spettatore", ma solo come uno spettatore tra i tanti. Alcuni di loro si sentivano alleggeriti da questo status e più liberi di esplorare ed eventualmente partecipare.
Uno spettatore ha spiegato come indossare la maschera non lo costringesse a mostrare determinate emozioni o apprezzamento nei confronti della performance. A teatro, mi ha riferito, percepiva le aspettative del gruppo perché tutti sanno quando si deve applaudire, ridere, alzarsi etc; con la maschera, invece, si sentiva libero di apprezzare o meno ciò che voleva e quando voleva. Nessuno lo avrebbe saputo e/o giudicato. Secondo altri intervistati, invece, la maschera aveva un ruolo scenografico perché creava una massa di "fantasmi mascherati", gli altri spettatori, che giravano per i corridoi, accerchiavano i performer, riempivano le stanze. La maschera aveva poi aiutato una spettatrice a orientarsi: il fatto che avesse un "naso" cosi pronunciato le aveva permesso di capire dove gli altri stessero guardavano, capendo così in quale direzione andare o guardare. La maschera non sembrava creare nessuna forma di distanza, emotiva o intellettuale, tra lo spettatore e i performer.
Tutti i ricercatori avevano riflettuto sulla differenza dell'esperire la performance con o senza maschera e ritenevano che, ipoteticamente, questo “filtro” potesse in effetti influire nel coinvolgimento emotivo con le vicende narrate; tuttavia, solo uno di loro aveva potuto togliere la maschera grazie alle esperienze individuali, gli altri si erano abituati alla nuova condizione e non potevano affermare di aver percepito alcuna distanza.
Gli unici a notare immediatamente la differenza tra le due possibilità erano dunque solo coloro che durante la performance avevano avuto modo di essere coinvolti nell'esperienza individuale, unica occasione in cui è permesso mostrare il volto. A quel punto, mi è stato riportato, l’essere improvvisamente riconoscibili risulta scioccante e provoca confusione e imbarazzo nello spettatore: "essere a Sleep No More senza maschera - mi ha riferito uno spettatore - è come essere nudi in mezzo a Times Square... peggio... in chiesa". <137
L’incidenza di questa sensazione sulla partecipazione dello spettatore alla performance appare chiara quando si affronta la relazione tra spettatori e performer.
La relazione con i performer.
Come avviene per la maschera, dunque, anche la relazione con il performer è più evidente quando ci si confronta con chi ha avuto modo di provare l'esperienza individuale. Un ricercatore ha riferito che, durante una coreografia, la performer lo aveva chiaramente fissato dritto negli occhi per qualche secondo e la cosa lo aveva profondamente toccato. Per la prima volta si era reso conto che nessuno dei performer lo aveva mai guardato, e questo lo aveva fatto
sentire fino a quel momento quasi invisibile; improvvisamente, però, nell’arco di pochi secondi, la performer lo aveva fatto passare dal non esistere all’esistere e questo lo aveva scioccato. Non importa se le esperienze individuali sono solo fugaci, come nell’esempio riportato, o durare un’intera visita al sesto piano, è il momento in cui si viene "scelti" che modifica drasticamente l’esperienza. Lo spettatore coinvolto in un one-on-one è tuttavia frastornato e raramente prima di essere re-immesso nella folla ha modo di elaborare ciò che sta avvenendo e reagire in maniera più complessa. La maggioranza dei visitatori risponde a monosillabi e spesso non ricorda chiaramente cosa gli è stato detto e come ha risposto; solo chi ha avuto più volte modo di trovarsi in un one-on-one è in grado di partecipare più attivamente alla conversazione con il performer, che resta comunque molto basilare. Nessuno aveva cercato di turbare l'atmosfera preimpostata dell'esperienza individuale, per esempio lasciando la stanza o allontanandosi prima del tempo, toccando oggetti che non erano stati proposti dai performer, esprimendo disaccordo o cercando di prendere il controllo della conversazione, rendendo l’incidente di Lady Macbeth un’esperienza unica non analizzabile in pieno.
Un ricercatore è riuscito a visitare il sesto piano, ma si è rifiutato di descriverlo nei dettagli perché questo mi avrebbe rovinato l’esperienza <138; in cambio, mi ha dato le indicazioni per “fare in modo” che questo avvenisse <139. Ha spiegato questa sua scelta ripetendo più volte come il valore dell’esperienza individuale non sia nell’esperienza di per sé, ma nel privilegio di essere “scelto” e nell’eccitazione di affrontare un “mistero”. Considerando il forte e diffuso desiderio tra chi lo aveva provato di essere coinvolti nuovamente in un'esperienza one-on-one, ho chiesto se avrebbero considerato l’idea di pagare un sovrapprezzo per poter accedere a spazi o scene non visibili al resto del pubblico. La risposta è stata negativa. Uno spettatore, in particolare, ha detto che alzare il prezzo per migliorare l'esperienza era comprensibile, ma pagare per le esperienze individuali avrebbe rimosso la soddisfazione dell’essere scelti tra la folla. La possibilità di accedere ad alcune esperienze solo attraverso il pagamento era percepito come una sorta di tradimento da parte della compagnia, la rottura di un accordo.
Due ricercatori, infine, si sono distinti per la loro capacità di operare scelte estremamente razionali, andando in direzione opposta all’idea di un’eperienza viscerale come descritta dalla Machon. Uno dei due ha scelto in base alle richieste poste durante la presentazione della ricerca, seguendo diligentemente le indicazioni; ha inoltre sottolineando di non aver trovato la performance particolarmente interessante di per sé, ma solo come oggetto di ricerca. Il secondo, invece, ha pianificato la sua visita in base alla condizione della performance: per esempio ha metodicamente evitato di seguire la folla nella seconda ora perché si trattava del momento di maggiore affluenza di pubblico. Durante la seconda ora della performance, mi faceva notare, tutti coloro che hanno prenotato sono ormai entrati, ma pochissimi sono quelli che hanno già deciso di andare via; questo rende più difficile il vedere le performance e quasi impossibile l’essere scelti per le esperienze individuali. Nel suo caso era la maschera ad avere il ruolo più viscerale: l’essere mascherato gli dava infatti la libertà di fare cose che non avrebbe azzardato altrimenti.
In questo stato di presenza/assenza che ricorda quella del "fantasma" della recensioni di Silvestre poteva, per esempio, avvicinarsi al performer per vedere cosa avesse nel piatto, aprire i cassetti nelle stanze, fissare qualcuno a lungo, tutte azioni che non avrebbe considerato se fosse stato a volto scoperto.
[NOTE]
132 Si sono seguite le indicazioni per le interviste, in particolar modo l'approccio dell'intervistatore, senza tuttavia voler produrre materiale utilizzabile per un archivio di Oral History. http://www.oralhistory.org/about/principlesand-practices/
133 Quattro degli intervistati erano parte di due coppie che hanno visitato "Sleep No More" insieme (due persone per sera).
134 ISPOCC è un gruppo di studio della Business School della Columbia University formato da ricercatori provenienti da diversi percorsi accademici, tra questi sociologia, marketing, economia e arti visive; l’obiettivo del gruppo è di studiare qualunque forma di creatività organizzata attraverso presentazioni e/o collaborazioni legate a “case-study”. La collaborazione con questa ricerca era parte delle attività annuali del gruppo.
135 Per esempio: se avevano sentito parlare della performance e come ne erano venuti a conoscenza, se avevano intenzione di visitarla, se l’avevano già visitata (e quante volte), cosa ne pensavano, etc.
136 dieci dei tredici partecipanti alla classe avevano dato la loro disponibilità, ma solo cinque sono riusciti a visitare la performance nell’arco temporale imposto.
137 Da un'intervista di uno "spettatore regolare"
138 A nulla sono valse le mie insistenze e la garanzia che non avrei più visitato la performance.
139 Non ho potuto verificare le indicazioni ricevute perché dopo l’intervista non sono tornata a "Sleep No More".
Diana Del Monte, Momenti di teatro performativo tra Italia e Stati Uniti: Motus, Punchdrunk, Robert Wilson, Tesi di Dottorato, Università Cattolica del Sacro Cuore Milano, Anno Accademico 2016/2017