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giovedì 24 febbraio 2022

I soldati sovietici si abbandonarono ad atrocità dettate dall’odio e fomentate dalla propaganda martellante di quei mesi



Nella sua rapida avanzata nei territori dell’Europa orientale, l’Armata Rossa si rese responsabile di gravi crimini che portarono ad ingenti perdite tra la popolazione civile. In questo contesto di terrore, caratterizzato da bombardamenti a bassa quota, fucilazioni, saccheggi ed incendi, si inserirono gli stupri di massa. <86
Con il rovesciamento della sorte del conflitto, la violenza sessuale iniziato dai nazisti con l’Operazione Barbarossa, si ritorse contro la popolazione tedesca, in particolare contro le Frau tedesche. La furia sovietica trovò sfogo sulle donne di pressoché tutti i villaggi dei territori orientali. Per tali donne l’arrivo dei sovietici significò l’inizio della più grande tragedia: molte di loro non riuscirono a sfuggire alle violenze sessuali degli uomini sovietici che perpetrarono gli stupri pubblicamente e ripetutamente, causando in molti casi la morte delle vittime. Attraverso l’oltraggio dei cadaveri, l’Armata Rossa non mostrò solamente il disprezzo per le donne <87, ma trovò anche il mezzo affrancarsi dallo stereotipo nazista di subuomo. La violenza si configurò quindi come una prova di forza e di virilità per i soldati dell’Armata Rossa.
È possibile comprendere l’estensione e la sistematicità di tale fenomeno solo se si tiene in considerazione il carattere totale di questa guerra iniziata da Hitler. Per giungere alla distruzione del virus nazista e per affermare il trionfo della giustizia <88 gli uomini di Stalin non distinsero tra bersagli militari e civili: tutti i tedeschi furono considerati complici e responsabili del conflitto condotto in Unione Sovietica. Anche la sofferenza personale fu un elemento essenziale nel comportamento degli uomini sovietici: dopo lunghi anni al fronte gli uomini non riuscirono più a vedere tracce di umanità nelle vittime. L’idea a cui si abituarono fu che la vittima meritasse tale dolore. Il desiderio di infliggere del male fu inoltre alimentato dalla propaganda e la rivista umoristica Krokodil che dipinse le donne tedesche come avide sostenitrici del nazismo, colpevoli quanto gli uomini di quella guerra di annientamento. In generale tutta la stampa sovietica diffuse l’idea che i tedeschi, e conseguentemente anche le donne, avessero dovuto pagare per il male inflitto al popolo sovietico. Gli stupri di massa possono essere quindi inseriti all’interno di un processo personale, oltre che culturale, di desiderio di rivalsa.
Ciò che emerge dai racconti delle donne, vastamente registrati nel fondo documentaristico Ost-dokumentation presso il ministero federale tedesco per i rifugiati, è un periodo completamente pervaso dalla violenza, dalla paura e dall’angoscia.
«[…]Poi arrivarono i russi che mi illuminarono con una torcia e mi dissero: “Donna, adesso riceverai un posto in cui stare”. Il posto in cui sarei rimasta era un rifugio anti-aereo. All’interno vi era un tavolo. Nella notte arrivarono i russi, uno dopo l’altro e mi stuprarono. A quel punto è come essere morti. L’intero corpo è in preda ai crampi. Si prova repulsione. Sì, repulsione. Non potrei esprimerlo in altro modo. Tutto questo fu contro la nostra volontà. Eravamo considerate prede facili [Freiwild]. Non posso dire quanti uomini ci fossero- dieci, quindici. In ogni caso andò avanti e avanti. Ve n’erano così tanti, uno dopo l’altro. Uno di loro, ricordo, mi voleva ma poi mi disse: “ Quanti compagni sono stati qui? Si rivesta”» <89
2.1 La fase iniziale degli stupri
Secondo la versione ufficiale nazista il 21 ottobre 1944 i sovietici entrarono nel villaggio di Nemmersdorf, una piccola cittadina di 650 abitanti circa che fu riconquistata dai tedeschi due giorni dopo e che si rese nota per le atrocità che la popolazione si trovò a subire. Secondo alcune fonti, i soldati sovietici avrebbero stuprato, mutilato e crocefisso le donne del luogo. <90 Il Dr. Amberger, luogotenente del secondo reggimento di riserva «Herman Göring», giunto sul luogo per la resistenza, raccontò:
«Decine di corpi giacevano nei cortili di case private, tutti civili, che ovviamente non erano stati catturati in un fuoco incrociato, ma erano stati intenzionalmente assassinati. Ho visto in mezzo a loro donne che, dallo stato e la posizione dei loro vestiti , avevano certamente subito violenze sessuali, e poi uccise da un colpo alla base del cranio. In alcuni casi i loro figli allo stesso modo assassinati giacevano accanto a loro.» <91
Joseph Goebbels reagì prontamente a quest’episodio, sembrava fosse ciò di cui avesse bisogno per smuovere le acque ed infondere una nuova forza nel Reich. Egli elevò il caso di Nemmersdorf e ne fece un caso propagandistico, il simbolo della fase finale della guerra. <92 Secondo un’annotazione del 26 ottobre sul suo diario, egli attestò:
«[…] Sono delitti in effetti terribili. Li userò come spunto per una grande campagna di informazione destinata alla stampa, affinché anche gli ultimi, ingenui osservatori della nostra epoca si convincano di che cosa il popolo tedesco deve aspettarsi qualora i bolscevichi dovessero realmente impadronirsi del Reich.» <93
Tra le diverse ipotesi finora avanzate, quella più sostenuta è che Göbbels approfittò di questo momento per alimentare la resistenza dei propri uomini e per tale motivo mise in atto una distorsione degli avvenimenti. Nell’archivio federale sono conservati i negativi delle foto scattate a Nemmersdorf ed è evidente che i corpi sono stati spostati ed allineati. Sembra che la volontà di rappresentate le donne con le gonne sollevate, senza intimo e con i genitali insanguinati sia stata una scelta deliberata del regime. <94 Rimane dunque il dubbio se ciò che è stato raccontato sia verità o frutto della propaganda nazista. <95
Se gli avvenimenti di Nemmersdorf rimangono ancora oggi dubbi, è possibile riscontrare quelle che furono le conseguenze dell’occupazione sovietica tra il 29 gennaio e il 19 febbraio nella cittadina di Metgethen, un sobborgo della città di Königsberg, capoluogo della Prussia Orientale. Horst A. il quale all’epoca era un autista per il primo distaccamento di riserva dei servizi segreti a Königsberg, racconta:
«Quando abbiamo raggiunto Metgethen, ci siamo confrontati con una vista raccapricciante:[…] alcune donne avevano i loro seni recisi, in alcuni giardini c’erano donne con addosso pochi stracci appese a testa in giù. In una casa ci siamo imbattuti in una donna di 63 anni, ancora in vita. Piangeva, ci ha detto che era stata violentata da 12 o 15 russi. Giaceva sul pavimento coperto di sangue. La figlia di questa signora era fuggita nella foresta nelle vicinanze, ma il suo bambino di appena un anno era stato rapito dai russi. Per le strade di Metgethen, e anche presso la stazione ferroviaria, abbiamo trovato circa 15 carrozzine , qualcuna rovesciata , tutte vuote. Abbiamo concluso che questo significava i russi avevano anche rapito questi bambini.» <97
Un prigioniero di guerra britannico, che all’arrivo dell’Armata Rossa si trovò in un campo di prigionia in Pomerania, descrisse in una lettera rivolta alle autorità statunitensi quanto si stava verificando in quei giorni:
«Nel territorio del nostro campo di internamento[…] i soldati rossi hanno violentato sistematicamente, nelle prime settimane dopo la conquista, tutte le donne e tutte le ragazze fra i dodici e i sessant’anni. Suona esagerato, ma è la verità. Le uniche a salvarsi sono state quelle ragazze che sono riuscite a nascondersi nei boschi o che hanno avuto sufficiente presenza di spirito per fingersi di essere malate di tifo, differite o altre malattie contagiose. In preda all’ebrezza della vittoria, e spesso pieni del vino che avevano trovato nelle cantine dei ricchi possedenti della Pomerania, i rossi hanno perquisito ogni casa in cerca di donne, le hanno terrorizzate con le pistole e i mitra, e le hanno trascinate nei loro carri armati o autocarri. I padri e i mariti che hanno tentato di difendere le loro donne sono stati uccisi, e sono state assassinate anche le ragazze che hanno opposto resistenza.» <98
È possibile tentare di periodizzare questo flusso di violenza in due fasi <99: la prima fase fu dinamica, legata all’avanzata sovietica e alla conquista delle città tedesche. Interessò principalmente i territori della Prussia orientale, Slesia e Pomerania tra il gennaio e il febbraio del 1945. Fu un momento in cui la violenza si verificò in forma indiscriminata e brutale; coinvolse donne di ogni età, dalle più piccole alle più anziane e colpì addirittura le più deboli, come le donne ammalate o disabili.
«Mia mamma e mia zia avevano più di cinquant’anni, ed entrambe furono stuprate da giovani soldati russi.» <100
«Quando si trattava di stupro, l’età delle donne non veniva presa in considerazione. Mia madre, che a quel tempo aveva cinquantaquattro anni, non fu risparmiata. Mi è noto anche il caso di una anziana signora che aveva 85 anni e che da due anni era costretta a letto alla quale non fu risparmiata la violenza sessuale. […] non sappiamo se i russi l’abbiano uccisa o se sia morta di fame» <101
Non ci fu un limite nemmeno nel numero delle volte ed in alcuni casi le donne furono violentate fino alla morte.
«[…] Quando tornammo a casa Giese alle tre del mattino, udimmo un vagito dal seminterrato: la signora Giese con le sue quattro figlie e la signora v. Sydow con sua figlia, tutte impiccate nel seminterrato. In mezzo a loro c’era un soldato che russava. Le donne però non erano state uccise per impiccagione, ma erano state precedentemente stuprate e maltrattate, ebbene, si trattava di omicidi sessuali.» <102
I soldati si abbandonarono ad atrocità dettate dall’odio e fomentate dalla propaganda martellante di quei mesi.
La violenza ebbe spesso un carattere pubblico, si presentò come un momento di umiliazione, non solo per la donna in sé, ma anche per i familiari e passanti che si trovarono ad assistere a tali scene. Se le donne o i loro cari avessero opposto resistenza sarebbero stati uccisi sul posto ed i loro corpi esposti pubblicamente. <103
«Donne di età compresa tra 60 e 65 anni e bambine di 12 anni furono violentate dai russi. Contro le donne che opposero resistenza fu usata la forza. La donna veniva tenuta ferma da due russi mentre il terzo la stuprava. Le ragazze che anche in tal caso non si concessero, furono spietatamente uccise o appese per le gambe in modo da tenerle a testa in giù fin quando perirono nella sofferenza. Nel caso in cui l’introduzione del membro maschile non fosse stata possibile, l’organo sessuale femminile veniva reciso e le donne furono lasciate morire dissanguate.» <104
«Avevano violentato l’anziana nonna Hopp, la quale era rilegata ormai a letto, la lasciarono poi nella lavanderia. Il mattino seguente era morta. I russi presero poi un cadavere che legarono ad una carrozza che guidarono per la città. Doveva fungere da monito: coloro che si fossero opposti non avrebbero avuto una sorte migliore. Sul nostro volto si leggeva la paura. Per permettere ai russi di entrare liberamente nell’abitazione, ci fu negato il permesso di chiudere a chiave la porta di casa durante la notte. Vennero quasi ogni sera e anche durante la notte. Spesso, se ci eravamo appena addormentate, tamburellavano sulla finestra. Poco dopo si trovavano di fronte al nostro letto. Non appena bussarono alla finestra ebbi i crampi e persi i sensi. Mia mamma mi prese tra le braccia e mi scosse. I miei occhi si girarono e il mio corpo intero iniziò a tremare. I miei denti battevano e dalla mia bocca fuoriusciva schiuma come un animale rabbioso. Non ricordo quanto sia durato quest’episodio. Mi aggrappai a mia mamma ed ero spaventata a morte. Non la aiutò. Notte dopo notte mia mamma dovette recarsi nel fienile. Avrei potuto urlare quanto volevo… Avevo smesso di essere una bambina.[…] Avevo paura, solo paura. Da quel momento in poi non ebbi più il sorriso di una bambina felice.» <105
I cadaveri violati furono poi abbandonati sulla strada o nelle piazze dei villaggi con le gonne sollevate, il ventre squartato ed i seni recisi: fu un messaggio di odio dei vincitori sui vinti oltre che un messaggio di monito ed ogni tentativo di offrire loro una degna sepoltura fu fermato dalle autorità.
Secondo alcune testimonianze lo stupro delle donne fu un ordine preciso di Stalin, tuttavia non sono stati ritrovati volantini che lo certifichino. Ciò che è sicuro è che il leader sovietico fosse a conoscenza di quanto stava accadendo in quel momento nei territori liberati <106, tuttavia il suo obbiettivo era quello di giungere quanto prima al cuore del Reich. Pare infatti che Stalin, in un colloquio con Milovan Djilas in merito agli stupri avvenuti nei territori del nord della Jugoslavia abbia così affermato:
«Possibile che Djilas, che pure è uno scrittore, non abbia esperienza delle sofferenze umane e del cuore umano? Possibile che non riesca a comprendere un soldato che, dopo aver percorso migliaia di chilometri fra il sangue, il fuoco e la morte, se la spassa con una donna o si appropria di qualche bagatella?» <107 <108
Le realtà sgradevoli della fase finale della guerra traspaiono anche nei seguenti testi tratti da alcune lettere sequestrate al servizio postale di campo dell’Armata Rossa:
«E adesso ci prendiamo la nostra rivincita sui tedeschi per tutti i loro atti deplorevoli commessi contro di noi. Noi siamo autorizzati a fare quello che ci pare con i furfanti tedeschi. »
« Le madri tedesche devono rimpiangere il giorno in cui hanno dato alla luce un figlio. Che le madri tedesche ora sentono gli orrori della guerra in prima persona. Devono sperimentare su loro stesse quello che hanno causato agli altri. »
«Ci sono solo vecchi e bambini in Germania, pochissime ragazze. Noi li uccidiamo comunque.»
«Ora ci stiamo imbattendo nei civili tedeschi, e i nostri soldati stanno facendo buon uso delle donne tedesche »
«Ci sono un sacco di donne in tutto, ma non capiscono una parola di russo. Ma questo è anche meglio, perché non bisogna conversare. Basta puntare il Nagan [fucile] e gridare, 'Sdraiati! 'Poi fai quello che devi fare e te ne vai. »
«Siamo nel cuore della Prussia orientale dove stiamo dando la caccia ai Prussiani […]. I nostri ragazzi hanno già provato tutte le donne tedesche.» <109
Nel tentativo di spiegare le ragioni che portarono l’Armata Rossa agli stupri, la storiografia ha tenuto in considerazione anche altri elementi oltre al desiderio di rivalsa. Ad esempio Schnetzer notò che anche il livello d’istruzione e di educazione personale ebbe un peso nell’azione sovietica: i più istruiti mostrarono vergogna per ciò che i propri compatrioti misero in atto durante la liberazione e l’occupazione. <110
Non mancò chi si oppose a tali atrocità: Aleksandr Solzhenitsyn, allora un giovane capitano dell’Armata Rossa descrisse l’entrata del suo reggimento della Prussia orientale ad inizio gennaio:
«Per tre settimane la guerra si condusse sul suolo tedesco a tutti noi eravamo a conoscenza del fatto che se le donne erano tedesche avremmo potuto stuprarle e ucciderle.» <111
e ancora:
«Höringstrasse 22. Nessun incendio ancora, però devastazioni, saccheggi. Attraverso la parete, attutito, un gemito: trovo la madre ancora viva. Quanti le sono piombati addosso sul materasso? Una compagnia? Un plotone? Che importa! La figlia, una bambina ancora, uccisa. Il tutto all’insegna della semplice parola d’ordine: Non dimenticare niente! Non perdonare niente! Sangue per sangue!... E dente per dente. Quelle che erano ancora vergini diventano donne, e le donne…cadaveri presto. Già annebbiata, gli occhi che sanguinano, lei implora “Uccidimi, soldato!” Non vedete gli sguardi turbati? Sono anch’io uno di loro.» <112
Solzhenitsyn si oppose alle violenze indiscriminate nei confronti dei civili ma proprio per questo fu imprigionato e successivamente esiliato dalla Russia. La stessa sorte toccò anche a Lev Kopelev, autore comunista che si trovò a combattere nell’Armata Rossa, accusato di simpatizzare con il nemico per le sue critiche al comportamento degli uomini dell’Armata Rossa nella guerra in Prussia orientale. I testimoni di tali atrocità furono presto emarginati e messi a tacere. <113
 



[NOTE]
86 Brigitte U. Neary, Recognition Stigma,op.cit.
87 Susan Brownmiller, Contro la nostra volontà, op.cit, p.13.
88 G. Ranzato, Guerra totale e Nemico totale, in Marcello Flores, Storia, Verità, giustizia. I crimini del XX secolo, Bruno Mondadori, Milano, 2001, p. 70.
89 Intervista a Hanna Seddig in http://www.liveleak.com/view?i=756_1300383585
90 Bernhard Fisch, Nemmersdorf, op.cit.,p. 41. Vedi anche http://win.storiain.net/arret/num201/artic4.asp
91 Testimonianza originale trovata nell’Achivio Federale Tedesco, Ost-Dok. 2, Nr. 13, pp. 9-10, cit. in Alfred Maurice de Zayas, A Terrible Revenge, op.cit.,p. 36.
92 Bernhard Fisch, Nemmersdorf, op.cit.,p.19. Questa tesi è sostenuta anche da Rudolf Grenz, uno studioso che nel 1971 affermò di essere venuto a contatto nel 1945 con un volantino nazista che incitava alla rabbia per gli avvenimenti della cittadina prussiana. Del volantino nazista dà conferma anche la giornalista Ulla Lachauer la quale trovò questo volantino il 13 ottobre 1992 in un edificio a Tilsit.
93 Guido Knopp, Tedeschi in fuga, op. cit., p. 42.
94 Bernhard Fisch, Nemmersdorf, op.cit.,pp.132-134.
95 ivi,p.41. L’irruzione sovietica nei territori tedeschi fu largamente trattata nel Reich e con la fine del secondo conflitto mondiale molteplici autori hanno tentato di ricostruire gli avvenimenti senza tuttavia giungere ad una verità assoluta.
96 https://mcexcorcism.wordpress.com/2011/01/03/nemmersdorf-1944/
97 Ost-Dok. 2/20, p. 8., in in Alfred Maurice de Zayas, A Terrible Revenge, op.cit.,p.39.
98 Guido Knopp, Tedeschi in fuga, op.cit.,pp.261-262.
99 Antony Beevor, Berlino 1945, op.cit., pp. 355-356.
100 Renate Hoffmann in Johannes Steinhoff, Peter Pechel, Dennis E. Showalter, Helmut D. Schmidt, Dennis Showalter, Voices From The Third Reich: An Oral History, Da Capo Press, 1994, p. 459.
101 Testimonianza di ohanna Pallentien di Lo wenhagen in Prussia orientale in Ostdeutscher Literaturkreis (Hg.). Flucht - Vertreibung - Verschleppung - Deportation - Zwangsumsiedlung. Sonderausgabe der Jahresschrift Mitte und Ost. Bd. 6/7.1997, S. 96 f. http://www.germanvictims.com/wp-content/uploads/2015/08/behandlung-der-deutschen-bevoelkerung-bei-und-nach-kriegsende7.pdf
102 Margret Boveri, Tage des berlebens: Berlin 1945. Munchen, 1968, p. 106.
103 Matteo Ermacora, Freiwilde/ Prede facili, cit., p. 122.
104 Testimonianza di Adolf Ogait da Ackmenischken, Kreis Elchniederung (Prussia Orientale). In: Ahrens, Wilfried. Verbrechen an Deutschen. Rosenheim 1983, p. 80.
105 Rinklin Erna: Mama, as ollen diese M nner?: Kriegsende in Ostdeutschland. Mu nchen 1999, p. 87.
106 Antony Beevor, The Guardian, They raped every single woman from 8 to 80, 1 maggio 2002
107 Ingrid Schmidt-Harzbach, Eine Woche im April, Berlin 1945, Vergewaltigungen als Massenschicksal, in in Helke Sanders, Barbara Johr, Befreier und Befreite, Krieg, Vergewaltigungen, Kinder, Fischer Taschenbuch Verlag, Fraconforte, 1995, p.34.
108 Susan Brownmiller, Contro la nostra volontà, op.cit., p. 82.
109 German Federal Archives/Military Archive, Record Group H3/665 in Alfred Maurice de Zayas, A Terrible Revenge, op.cit., pp. 46-47.
110 Hoover Institution Archive (HIA) , Max Schnetzer. Tagebuch , pp. 156-157 in Norman Naimark, The Russian in Germany, A History of the Soviet Zone of Occupation, 1945-1949, Cambridge, Massachusetts e Londra, Harvard University Press, 1995, p.111.
111 Aleksandr Solzhenitsyn, The Gulag Archipelago ,New York, 1974, p. 21 in in Alfred Maurice de Zayas, op. cit., p. 47.
112 Guido Knopp, op.cit., p. 262.
113 Catherine Merridale, I Soldati di Stalin, op.cit., p. 297. Anche Anonima incontra chi non condivide questo tipo di scelte. «In tono cattedratico Andrei dice che disapprova «cose del genere», e intanto evita imbarazzato di guardarmi; nella donna lui vede la compagna, non il corpo» in Anonima, Una donna a Berlino, Diario aprile-giugno 1945, Einaudi, Torino, 2004 pp. 77-78.



Rosaria La Iosa, Il volto nascosto del Secondo Conflitto Mondiale: gli stupri di massa sovietici in Germania nella storiografia, Tesi di laurea, Università Ca' Foscari Venezia, Anno Accademico 2015/2016