Presso i depositi della Collezione Civica d’Arte di Palazzo Vittone a Pinerolo, in provincia di Torino, è conservato il gesso originale raffigurante la testa del personaggio appartenente al gruppo statuario, noto come “L’uomo e lo squalo”, che si erge sulla Fontana del mare di piazza Marconi a Savona, realizzata dalla scultrice e ceramista Renata Cuneo (1903-1995).
Il gesso, risalente al 1962, è pervenuto al museo intorno al 2008 tramite una donazione da parte di Silvano Avoncelli, uno scultore e finitore che era stato socio fino agli anni ’90 della Fonderia artistica M.A.F. di Milano, fondata nel 1872 e trasferita nel 2000 a Pioltello, alla quale si rivolgevano per la fusione in bronzo importanti scultori del secolo scorso, come Giacomo Manzù, Francesco Messina, Marino Marini, per citarne solo alcuni.
Anche la Cuneo aveva affidato alla M.A.F. la traduzione in bronzo di molte sue opere, tra cui il monumento savonese soprammenzionato. Quello attualmente ubicato a Palazzo Vittone è dunque parte del modello in gesso recuperato dopo la fusione, lasciato dalla scultrice presso la fonderia milanese, come altri lavori, fra i quali il “Muratorino” e “Madonna Povertà”.
Il gesso, che rappresenta la testa e una porzione della spalla sinistra (trapezio e clavicola) della figura maschile, ha una base di 45 cm, è alto 55 cm ed è profondo circa 40 cm. Dettagli salienti sono la capigliatura movimentata e increspata, lo sguardo intenso, il naso prominente e le labbra carnose.
La superficie è rovinata in alcune parti, come la zona sopra l’arcata sopraccigliare sinistra e la porzione centrale della guancia destra.
Il primo bozzetto del monumento, al quale l’opera finale è rimasta sostanzialmente fedele, risale al 1961.
La Fontana di Piazza Marconi è costituita da tre vasche, e per realizzarla sono stati impiegati otto quintali di bronzo e diciotto di roccia, di cui anche scogli naturali.
Sul parapetto è riportata la dedica: «CIVITATIS AMORE AC GLORIAE RENATA CUNEO SAONENSIS FECIT MCMLXIII » (per amore e gloria della cittadinanza savonese fece Renata Cuneo nel 1963).
Il monumento eseguito dalla Cuneo venne inaugurato il 27 ottobre 1963, e riscosse un consenso unanime.
Gina Lagorio, scrittrice e amica dell’artista, riportava come l’elaborazione dell’opera fosse stata caratterizzata da un «lungo studio» e da un «grande amore», in quanto la Cuneo vi attese un intero anno di fervente lavoro.
Il monumento assumeva una dimensione corale, infrangendo così, sempre secondo l’avviso della Lagorio, la «barriera dell’incomunicabilità tra l’arte e il popolo», questione precipua delle ricerche visive contemporanee; l’opera della Cuneo, infatti, era contraddistinta da un linguaggio basato sulla mimesis e su una rappresentazione coerente e positiva della figura umana, al fine di trasmettere un messaggio edificante.
La lotta fra uomo e animale, tema ritornato in auge tra gli scultori della prima metà del Novecento, esprimeva la supremazia della ragione sulla istintività brutale e ferina insita nello spirito umano: si pensi ad esempio al gruppo “Ercole contro Nereo” di Romano Romanelli, collocato nel 1937 in Piazza Ognissanti a Firenze, o al bronzo, dello stesso soggetto ma stilisticamente più arcaizzante, di Arturo Martini, oggi conservato nel Museo d’Arte Moderna del Castello Gamba a Châtillon in Valle d’Aosta, che doveva invece celebrare la vittoria italiana sull’Etiopia del 1936.
L’opera della Cuneo è interpretabile come un’allegoria allusiva al ruolo marittimo di Savona, alla sua centralità come porto, quindi al suo secolare ‘dominio’ sul mare, che nel monumento viene incarnato dallo squalo.
L’uomo trattiene l’animale per le pinne e lo allontana da sé: imperturbabile e determinato, è già proiettato verso la vittoria, come dimostra lo sguardo puntato altrove, mentre l’animale, ormai inerme, spalanca le fauci verso l’alto, per ‘urlare’ il proprio dolore al cielo.
Le forme plastiche e la postura delle vigorose gambe del personaggio, quella destra distesa e l’altra in posizione accosciata, rimandano alle opere di Michelangelo - artista fondamentale per la Cuneo -, come anche la testa: si pensi alle figure degli “Ignudi” della Cappella Sistina in Vaticano, o alle statue adagiate sui timpani dei sepolcri medicei della Sagrestia Nuova in San Lorenzo a Firenze.
L’acqua della fontana, che fuoriusciva dalla bocca dello squalo e dalle due vasche superiori, non zampilla più da circa tre anni, come lamentato anche dalla storica dell’arte Silvia Bottaro; l’Associazione Aiolfi ha segnalato il fatto al Comune di Savona, e con tale contributo si desidera altresì rinnovare l’appello per ripristinare l’erogazione dell’acqua, elemento essenziale per comprendere a pieno il significato di questa opera monumentale.
Ringrazio il conservatore del museo di Palazzo Vittone Mario Marchiando Pacchiola, l’artista e fotografo Marco Da Rold, l’architetto Pasquale Gabbaria Mistrangelo e lo scultore Marcello Mancuso, titolare della Fonderia d’Arte M.A.F., che mi ha aiutato a ricostruire alcune vicende legate al gesso. Le fotografie del gesso sono di Marco Da Rold.
Il gesso, risalente al 1962, è pervenuto al museo intorno al 2008 tramite una donazione da parte di Silvano Avoncelli, uno scultore e finitore che era stato socio fino agli anni ’90 della Fonderia artistica M.A.F. di Milano, fondata nel 1872 e trasferita nel 2000 a Pioltello, alla quale si rivolgevano per la fusione in bronzo importanti scultori del secolo scorso, come Giacomo Manzù, Francesco Messina, Marino Marini, per citarne solo alcuni.
Anche la Cuneo aveva affidato alla M.A.F. la traduzione in bronzo di molte sue opere, tra cui il monumento savonese soprammenzionato. Quello attualmente ubicato a Palazzo Vittone è dunque parte del modello in gesso recuperato dopo la fusione, lasciato dalla scultrice presso la fonderia milanese, come altri lavori, fra i quali il “Muratorino” e “Madonna Povertà”.
Il gesso, che rappresenta la testa e una porzione della spalla sinistra (trapezio e clavicola) della figura maschile, ha una base di 45 cm, è alto 55 cm ed è profondo circa 40 cm. Dettagli salienti sono la capigliatura movimentata e increspata, lo sguardo intenso, il naso prominente e le labbra carnose.
La superficie è rovinata in alcune parti, come la zona sopra l’arcata sopraccigliare sinistra e la porzione centrale della guancia destra.
Il primo bozzetto del monumento, al quale l’opera finale è rimasta sostanzialmente fedele, risale al 1961.
La Fontana di Piazza Marconi è costituita da tre vasche, e per realizzarla sono stati impiegati otto quintali di bronzo e diciotto di roccia, di cui anche scogli naturali.
Sul parapetto è riportata la dedica: «CIVITATIS AMORE AC GLORIAE RENATA CUNEO SAONENSIS FECIT MCMLXIII » (per amore e gloria della cittadinanza savonese fece Renata Cuneo nel 1963).
Il monumento eseguito dalla Cuneo venne inaugurato il 27 ottobre 1963, e riscosse un consenso unanime.
Gina Lagorio, scrittrice e amica dell’artista, riportava come l’elaborazione dell’opera fosse stata caratterizzata da un «lungo studio» e da un «grande amore», in quanto la Cuneo vi attese un intero anno di fervente lavoro.
Il monumento assumeva una dimensione corale, infrangendo così, sempre secondo l’avviso della Lagorio, la «barriera dell’incomunicabilità tra l’arte e il popolo», questione precipua delle ricerche visive contemporanee; l’opera della Cuneo, infatti, era contraddistinta da un linguaggio basato sulla mimesis e su una rappresentazione coerente e positiva della figura umana, al fine di trasmettere un messaggio edificante.
La lotta fra uomo e animale, tema ritornato in auge tra gli scultori della prima metà del Novecento, esprimeva la supremazia della ragione sulla istintività brutale e ferina insita nello spirito umano: si pensi ad esempio al gruppo “Ercole contro Nereo” di Romano Romanelli, collocato nel 1937 in Piazza Ognissanti a Firenze, o al bronzo, dello stesso soggetto ma stilisticamente più arcaizzante, di Arturo Martini, oggi conservato nel Museo d’Arte Moderna del Castello Gamba a Châtillon in Valle d’Aosta, che doveva invece celebrare la vittoria italiana sull’Etiopia del 1936.
L’opera della Cuneo è interpretabile come un’allegoria allusiva al ruolo marittimo di Savona, alla sua centralità come porto, quindi al suo secolare ‘dominio’ sul mare, che nel monumento viene incarnato dallo squalo.
L’uomo trattiene l’animale per le pinne e lo allontana da sé: imperturbabile e determinato, è già proiettato verso la vittoria, come dimostra lo sguardo puntato altrove, mentre l’animale, ormai inerme, spalanca le fauci verso l’alto, per ‘urlare’ il proprio dolore al cielo.
Le forme plastiche e la postura delle vigorose gambe del personaggio, quella destra distesa e l’altra in posizione accosciata, rimandano alle opere di Michelangelo - artista fondamentale per la Cuneo -, come anche la testa: si pensi alle figure degli “Ignudi” della Cappella Sistina in Vaticano, o alle statue adagiate sui timpani dei sepolcri medicei della Sagrestia Nuova in San Lorenzo a Firenze.
L’acqua della fontana, che fuoriusciva dalla bocca dello squalo e dalle due vasche superiori, non zampilla più da circa tre anni, come lamentato anche dalla storica dell’arte Silvia Bottaro; l’Associazione Aiolfi ha segnalato il fatto al Comune di Savona, e con tale contributo si desidera altresì rinnovare l’appello per ripristinare l’erogazione dell’acqua, elemento essenziale per comprendere a pieno il significato di questa opera monumentale.
Ringrazio il conservatore del museo di Palazzo Vittone Mario Marchiando Pacchiola, l’artista e fotografo Marco Da Rold, l’architetto Pasquale Gabbaria Mistrangelo e lo scultore Marcello Mancuso, titolare della Fonderia d’Arte M.A.F., che mi ha aiutato a ricostruire alcune vicende legate al gesso. Le fotografie del gesso sono di Marco Da Rold.
La Fontana del Mare di Renata Cuneo a Savona - Foto: ramat23 su mapio.net |
Alessio Santiago Policarpo, Un gesso di Renata Cuneo a Palazzo Vittone a Pinerolo, Pigmenti Cultura, Periodico dell’Associazione Culturale e del Paesaggio “Renzo Aiolfi” no profit di Savona, Numero 13-14 - Dicembre 2021 - Anno VIII