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mercoledì 10 agosto 2022

L'Acanto

Acanthus mollis L. - Acanto comune. Foto di Giuliano Salvai. Fonte: Acta Plantarum

A molti sarà capitato di sentir nominare per la prima volta la parola Acanto nel periodo in cui hanno cominciato ad interessarsi degli stili architettonici dell'antica Grecia.

Infatti, secondo Vitruvio, l'elegante contorno delle sue foglie basali avrebbe colpito l'immaginazione dell'architetto greco Callimaco, inducendolo a concepire il fregio tipico dei capitelli corinzi.

L'idea gli sarebbe balenata in testa osservando il sepolcro di una ragazza morta prematuramente. Le lunghe lamine fogliari dell'Acanto, con il passare del tempo, si erano disposte con sorprendente naturalezza attorno al tumulo e davano l'impressione di sorreggerne la pesante lastra di copertura senza sforzo alcuno.

Tuttavia, oggi si dubita del fatto che siano stati gli Acanthus ad ispirare questi motivi ornamentali, molto comuni anche su vasi, coppe, tessuti preziosi.

Infatti, si tende piuttosto a riconoscervi una rappresentazione, libera ed indifferenziata, suggerita dalle foglie dei numerosi, onnipresenti, Cardi spinosi, così caratteristici della Flora greca e delle altre aride isole mediterranee.  

Per contro, è invece storicamente accertato che sia stato proprio l'Acanto il modello ispiratore dei fregi scolpiti sui capitelli dei monumenti funerari o delle chiese romaniche; specialmente di quelle dedicate al culto dei  martiri ed alla custodia delle loro reliquie, perché i cristiani gli hanno sempre conferito il valore simbolico di fiore della reincarnazione.  

La dimostrazione risalta dai molti ornamenti e bassorilievi nei quali, fra le foglie di Acanto, spuntano volti umani o emergono figure con le braccia protese verso l'alto, nell'atto di risorgere.

Fra le quaranta specie, inserite nell'omonimo genere delle Acanthacee, l'Acanthus mollis e l'Acanthus spinosus sono le due sole essenze considerate spontanee in Italia; entrambe già famose e distintamente descritte in epoca classica e romana. Da allora, soprattutto il primo, è una costante presenza nei giardini monumentali e domestici del Mediterraneo o delle zone continentali più temperate.

Per questo motivo, oggi, è assai difficile individuarne le residue stazioni spontanee, da ricercarsi solamente nelle località più impervie e rispettate del nostro litorale.

In tutto l'areale dell'Olivo, nelle fasce collinari, vicino ai ruderi, presso i muri di confine, lungo i canali di scolo, nei vecchi giardini abbandonati, succede l'esatto contrario perché l’Acanto vi domina rigoglioso, naturalizzato in stazioni secondarie.

In questa colonizzazione è favorito dalla notevole resistenza alla siccità, dalla ben nota frugalità, ma anche dalla curiosa ed infallibile tecnica di autodisseminazione: infatti, a maturazione completata, le capsule espellono i semi con particolare violenza.    
Il fenomeno, peraltro comune ad altri vegetali del Mediterraneo, si può constatare nei suoi effetti in tutti i giardini abbandonati già alla fine dell'inverno quando, attorno ai vecchi ceppi di Acanto, spuntano le nuove piantine, appena nate dai grani "sparati" dalla pianta madre solo pochi mesi prima.   

A questo proposito circola una curiosa notazione: il primo a rilevarlo con grande meraviglia, è stato il grande poeta tedesco Wolfgang Goethe, nella sua poco conosciuta veste di attento naturalista dilettante. In effetti, tra tutti gli artifizi balistici inventati dalla natura, quello dell'Acanto è tecnologicamente assai avanzato; alla forza espulsiva propria dell'esplosione della capsula si aggiunge quella esercitata da una struttura interna a forma di gancio collocata sulla divisione centrale del frutto che provvede a fiondare i semi lunghi circa tre centimetri sino ad una decina di metri di distanza. 

Acanthus spinosus L. - Acanto spinoso. Foto di Vito Buono. Fonte: Acta Plantarum

Il nome di questo famoso Genere, in lingua greca, significa "spina" ed è ricollegabile direttamente, alla morfologia della foglia, riferito soprattutto all'Acanthus spinosus (che nasce nel meridione d’Italia), ma anche alle brattee della spiga i cui segmenti terminano in altrettanti lunghi aculei, talvolta molto rigidi.  

Nell'antichità, forse proprio per questa sua natura di pianta armata, era dedicato a Marte.

Per molti secoli i guerrieri, prima di scendere in battaglia, tracannarono fiduciosi beveroni distillati dai suoi succhi con la sola avvertenza di berli  unicamente nei giorni dedicati a Giove ed al Dio della guerra perché negli altri periodi dell'anno, anziché lucido coraggio, avrebbe indotto precipitazione e furia incontrollata.

La letteratura e la poesia parlano sovente dell'Acanto con rispetto ed accenti velati di nostalgia.

Il linguaggio dei fiori lo eleva a simbolo della dolcezza, nonostante la presenza di spine, e ne giustifica il significato riferendosi alle collaudate funzioni di calmante per le infiammazioni cutanee.

Nella dura vita quotidiana del passato, quando ogni minima utilità offerta dai vegetali era sfruttata a fondo dall’uomo, l'Acanto serviva anche per la preparazione di un apprezzabile colorante giallo, impiegato per  tingere stoffe d'uso comune.

Plinio chiamando l'Acanthus mollis "Pederote" e l’Acanthus spinosus "Melanfillo", li descrive come "piante da giardini e da città, che rivestono con larghe foglie le sponde delle aiuole ed i rialzi dei terrapieni".

Secondo lo storico romano, le radici, cotte e mescolate all'orzo, erano anche in grado di guarire la tisi; tritate e scaldate alleviavano il dolore della gotta, sanavano fratture e slogature, cicatrizzavano le ustioni.

Fino a tempi molto recenti, i medici, hanno sfruttato le sostanze mucillaginose contenute nella pianta, prescrivendolo come emolliente per le infiammazioni dell'intestino e contro la tubercolosi.   La medicina popolare ne ha fatto largo uso anche come vulnerario, soprattutto per lenire il dolore delle punture di ragno, di tarantola e contro gli eritemi.  

 Al giorno d'oggi sono ritenute valide solamente le applicazioni di foglie fresche triturate come cataplasma per ridurre le infiammazioni della pelle. In uso interno l'infusione di 50g. di foglie per litro d'acqua, alla dose di tre tazzine al giorno, è confermato come emolliente.

L'Acanto è considerato dai giardinieri fra le specie costitutive dei Giardini interni d'inverno perché continua ad emettere le grandi foglie; inoltre è ritenuto indispensabile per ricoprire gli ampi spazi ombrosi in breve tempo. Si apprezza per la lunga durata della fioritura e la persistenza del fogliame sino ai primi freddi. Da sottolinearne, infine, la funzione ornamentale delle foglie recise che mantengono a lungo il loro brillante colore verde anche nei vasi.

Gli Acanthus sono piante perenni vivaci e robuste con grandi foglie alterne più o meno incise, dentate e spinose. I fiori, in spighe terminali dense, sono caratterizzati da un calice a 4 divisioni che sembrano formare due labbra.

La corolla presenta un solo labbro diviso in 3 lobi poiché il superiore è pressoché nullo. Gli stami, in numero di 4, sono inseriti alla base della corolla, le antere ad una loggia si aprono da una fessura anteriore. Lo stilo termina in due stigmi. I frutti membranosi si aprono in 2 valve. Il genere è composto da una ventina di specie prevalentemente mediterranee.  

Acanthus mollis L. - Acanto comune. Foto di Giuliano Salvai. Fonte: Acta Plantarum

- Acanthus mollis L. (III-VI, Nasce nelle zone ombrose negli incolti costieri ed interni di tutta la regione dal mare ai 700m). Ha fusti eretti semplici quasi legnosi a sezione tonda, alti oltre un metro. Le foglie basali sono molto grandi, coriacee, con il picciolo e le nervature inferiori pubescenti; hanno il profilo spatolato, sono pennato-partite con 6-7 incisioni più o meno profonde su ogni lobo. I fiori, a corolla bianco rosea, limitati al solo labbro inferiore trilobo, sono portati in spiga densa, con brattee ovali appuntite. I semi, grandi e compressi, sono contenute a coppie in capsule ovoidi membranacee.

Come raccoglierlo e coltivarlo  
L'Acanto, come si sarà potuto arguire, non presenta grandi problemi di coltivazione perché ha ampiamente dimostrato, nei secoli, di saper badare a se stesso; semmai deve essere controllato adeguatamente nella sua espansione a danno di altre piante meno resistenti.
Nelle zone più fredde durante l'inverno, è opportuno proteggerlo con strati di foglie mantenute ben secche allo scopo di evitare danneggiamenti prodotti da muffe.
La moltiplicazione avviene per divisione delle radici durante il periodo invernale di riposo, con messa a dimora definitiva nel mese di Marzo.
La semina va fatta da maggio a luglio su una normale composta.
Solo quando saranno spuntate le prime foglie si ripicchetteranno le piantine, per metterle definitivamente a dimora la primavera successiva, inserendole profondamente in terreno argilloso o argilloso siliceo.
La raccolta dei semi deve avvenire prima che siano espulsi; in genere, già nel mese di giugno, alla base delle spighe si trovano le capsule mature e fertili.
Dell'Acanthus mollis è nota agli orticoltori anche la var. latifolius o lusitanicus a foglie molto ampie, conosciuto inoltre come "Acanto del Portogallo", la var. candelabrum a fiori  porpora e bianco e la var. niger a foglia verde brillante.  
Recentemente ne sono state selezionate altre due a foglia dorata e variegata: "Fielding gold" e "Hollard's gold"  Dell' Acanthus spinosus esiste invece la sola varietà a brattee acute, ricurve, spinose e foglie con aculei bianchi: la var. spinosissimus ed una selezione denominata "Lady Moore".

Alfredo Moreschi