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lunedì 20 dicembre 2021

Vallombrosa segnò l’apogeo politico di Fanfani


Durante la gestione fanfaniana del partito, come abbiamo visto, la Democrazia cristiana è attraversata da correnti sempre più robuste e pronte a guerreggiare, l’ingerenza cattolica e vaticana nelle vicende politiche e partitiche è lungi dall’essere disinnescata, e in Parlamento l’incedere dei governi appare tutt’altro che saldo e nemmeno in sicuro miglioramento.
Di primo acchito, dopo questa premessa, verrebbe spontaneo domandarsi come mai Amintore Fanfani sia ancor oggi ricordato come un politico innovatore, e come mai l’immaginario collettivo lo celebri - insieme ad Aldo Moro - come uno dei padri del centro-sinistra italiano.
Ma possiamo considerare il suo faticoso incedere sinonimo, o parente stretto, di fallimento? E viviamo un abbaglio quando incappiamo nella sua fama? Proprio no. La difficoltà di procedere ad un riassetto delle forze politiche in uscita dal centrismo, non deve in alcun modo essere scambiata con un giudizio di sterilità di quelle manovre.
Se anche i risultati dei propositi “fanfaniani” non furono immediatamente visibili, infatti, sotto le increspature della vita politica evidente prendevano vigore novità ed aperture che avrebbero di lì a poco condotto il Paese ad una nuova stagione.
Come notato da Tamburrano: "sarebbe inesatto affermare che l’attività di Fanfani si esaurì nell’attivismo organizzativo. La verità è che, sia pure con molta cautela, egli veniva abbozzando un discorso nuovo verso i socialisti, particolarmente dopo che il PSI aveva avviato con decisione lo sganciamento politico dal PCI e dopo che tra i due partiti socialisti si era aperto il discorso sull’unificazione". <111
Questo “discorso nuovo” venne espresso da Fanfani per la prima volta con una certa forza, ed anche con una buona dose di esplicita chiarezza, nel luglio del 1957 durante l’ormai celebre Consiglio nazionale democristiano di Vallombrosa <112 .
La Seconda Legislatura volgeva al termine. Il primo governo Segni, retto da un accordo tra DC, PSDI e PLI aveva da pochi mesi lasciato il posto ad un instabile monocolore presieduto da Adone Zoli, un esecutivo tutt’altro che robusto, costretto com’era a muoversi sul ghiaccio sottile di chi non può contare su una maggioranza precostituita in Parlamento.
A Vallombrosa Fanfani, con una relazione impostata in gran parte sulla questione socialista e sui suoi riflessi nel quadro politico nazionale, sottolineò l’orientamento emerso nell’ambito dell’Internazionale socialista, tendente a realizzare nei vari paesi europei un più incisivo peso politico del socialismo nei confronti delle altre forze democratiche. […]
"Auspicando l’evoluzione del socialismo italiano verso orientamenti democratici e liberi da vincoli con il PCI, per Fanfani il dopo elezioni poteva rappresentare il momento del più ampio e costruttivo rapporto con le forze socialiste, per realizzare “oneste collaborazioni democratiche.”" <113
Fanfani stava dunque compiendo un passo ulteriore rispetto a quanto dichiarato da De Gasperi nel V Congresso di Napoli. Non alludendo più alla necessità della “garanzia che si tratti di un socialismo democratico”, e non accennando soltanto - come a suo tempo lo statista trentino - ad un possibile scenario che, chissà, “vale proprio per chi ritiene che un giorno o l’altro si imporrà la collaborazione dei socialisti”. Secondo questa interpretazione Fanfani non sembrerebbe più interessato ad esercitarsi in un vago vaticinio, ma intenderebbe guidare il partito verso la Terza legislatura, una legislatura che avrebbe tutta l’intenzione di connotare politicamente.
Dunque Fanfani non allude, non accenna e non auspica.
Fanfani vede la trasformazione  del PSI, l’annuncia, la spiega, la contestualizza nello scenario internazionale.
Al Consiglio nazionale del suo partito non vuole quindi chiedere un’opinione, non li interroga come De Gasperi a Napoli, se i Socialisti italiani avessero o meno abbracciato “definitivamente il regime libero e rinunziato alla dittatura marxista”, e non li accosta cauto, come lui stesso aveva fatto pochi mesi prima a Trento. Il Segretario nazionale
afferma che le cose stanno così, e che il pericolo che la democratizzazione socialista possa al fine rivolgersi contro la stessa Democrazia cristiana: “non giustifica una sua opposizione”.
Perché: "Se la DC è convinta che la democratizzazione vera del socialismo è un mezzo efficace per sbarrare definitivamente la strada al comunismo, non deve frapporre ostacoli, ma creare le condizioni politiche e programmatiche per incoraggiarla garantendogli una prospettiva di reale sviluppo democratico". <114
Anche se oggi i diari del leader democristiano lasciano intendere un tasso di risolutezza e di chiarezza minore <115, la percezione che allora si ebbe non fu distante da quanto tratteggiato.
E di fronte a tale percezione, la reazione del partito non fu uniforme. Ma mentre un sarcastico Andreotti sibilava perplessità verso un Segretario che si proponeva di “liberare Nenni dalla schiavitù moscovita” e in favore del quale ci si apprestava addirittura “ad offrire al capo del socialismo italiano le vesti e i vitelli migliori come al Figliuol Prodigo, con la differenza che ancora il figlio non ha mostrato alcuna effettiva volontà di abbandonare la vita alla macchia” <116, Fanfani riuscì a cementare ulteriormente il rapporto con “La Base” <117. Contemporaneamente però, una così netta apertura al PSI lo rese inviso ad una parte della sua stessa corrente, “Iniziativa democratica”.
Come osservano Luciano Radi <118 e Manlio di Lalla <119, un altro aspetto interessante di quanto uscì da Vallombrosa, fu ciò che non venne detto: “Colombo, Segni, Rumor, preferirono non prendere la parola. E la loro presa di posizione era condivisa da molti quadri di vertice e intermedi. Una parte di Iniziativa Democratica riteneva, infatti, che il discorso troppo spregiudicato fatto sull’unificazione socialista fosse prematuro.” <120
Taluni ambienti vaticani, come ricorda Radi, la pensarono allo stesso modo: "Il Consiglio Nazionale di Vallombrosa ha avuto il merito di dare il via nel Paese ad un certo approfondito dibattito sul problema del socialismo italiano. Certo continuarono a manifestarsi pareri pro o contro l’apertura a sinistra. Si ricorda una autorevolissima voce di dissenso, quella di Don Luigi Sturzo.
“Nessuno potrà illudersi, scrisse, della conversione di Nenni che resta, qual è un peccatore ostinato”. E con riferimento alle sinistre DC: “Costoro vedono il bene dove è il male dell’Italia e anche dell’Europa". <121
Vallombrosa si rivelò dunque un Consiglio nazionale importante, ma dagli esiti ancora una volta contraddittori e non risolutivi.
Come notato da Tamburrano: "Vallombrosa segnò l’apogeo politico di Fanfani, ma fece anche apparire gravi lesioni nell’edificio del potere fanfaniano: il segretario della Democrazia cristiana che nel precedente consiglio nazionale, appena un mese prima, aveva raccolto l’unanimità dei consensi, a Vallombrosa contò parecchi dissensi: una parte consistente e autorevole della corrente avvia prudentemente le manovre di distacco che approderanno, nel marzo del 1959, al consiglio nazionale della Domus Mariae, che rovesciò Fanfani". <122
Per la Democrazia Cristiana, i risultati delle elezioni politiche del 25 maggio 1958 significano molte cose. In ballo non ci sono solo deputati e senatori da eleggere, ma anche l’esito dell’ambizione fanfaniana di raggiungere la maggioranza assoluta da valutare, l’auspicio di erodere voti alle sinistre da misurare, la conta interna del peso delle correnti da portare a somma. Fanfani s’impegna dunque in maniera massiccia nella campagna elettorale, cercando di consolidare la sua posizione alla guida del partito, convinto che: “la terza legislatura [avrebbe sancito] il tempo per il superamento dell’ormai asfittico modello centrista”. <123
"Fanfani indicò, come obiettivo della campagna elettorale del ’58, la ricostruzione di un centrismo aperto, fondato su ineludibili garanzie democratiche. Cercava così da una parte di accattivarsi le simpatie della sinistra DC, e dall’altra di dare assicurazioni a quell’ala del mondo cattolico che era ossessionata dal pericolo comunista: ala minoritaria ma che continuava ad avere riferimenti importanti nel Card. Ottaviani, in Padre Gliozzo, direttore de “La Civiltà Cattolica”, e nel solito Gedda <124, capo dei Comitati Civici". <125
Le urne decretarono per la DC nazionale un discreto successo, ma il 42,4% dei consensi - pur significando un incremento di oltre due punti percentuali rispetto alle politiche del giugno ’53 - si fermava comunque quasi otto punti lontano dall’auspicata conquista della maggioranza assoluta dei suffragi. Non solo, la perdita di voti registrata della destra missina e monarchica (i primi passarono dal 5,8 al 4,8 e i secondi dal 6,9 al 4,8) indicava chiaramente il non verificarsi di un secondo desiderio annunciato, lo sfondamento a sinistra. Se infatti i nuovi voti confluiti nel partito dello scudocrociato erano da rintracciarsi nella perdita di consenso delle destre, i voti di PCI e PSI aumentarono invece complessivamente dell’1.6%; mentre Liberali e Socialdemocratici non si discostarono che di pochi decimali rispetto a cinque anni prima. <126
"Le elezioni del 25 maggio 1958 segnarono la sconfitta del disegno fanfaniano di conquistare la maggioranza assoluta dei suffragi. […] Dello “sfondamento a sinistra” non restava nulla, mentre acquistava valore l’ipotesi prospettata da Fanfani a Vallombrosa di uno schieramento socialista democratico concorrente della DC <127.”" <128
Dati gli esiti elettorali, il Segretario politico propose al Comitato Nazionale riunito in assemblea il 10 giugno 1958 la nascita di un governo sostenuto da DC, PSDI e PRI. <129 Un centro-sinistra “pulito”, che poteva nei numeri beneficiare di una maggioranza non amplissima ma certa, e che avrebbe dovuto garantire all’azione di governo un certa sicurezza. La mozione fu approvata ad ampia maggioranza, una maggioranza che celava però solo apparentemente il malcontento di una parte consistente del partito, della stessa corrente “presidenziale” di “Iniziativa democratica” <130, ed anche dello stesso Partito Socialista: quel governo “[n]on fu una soluzione felice.
Verso i socialisti si adottò la formula della delimitazione della maggioranza che considerava i deputati di questo partito come ascari che danno voti non richiesti, quindi non contrattati e pertanto politicamente non qualificanti.” <131
Il 1 luglio 1958 Fanfani vara dunque il suo gabinetto <132
[...] Nonostante l’indiscutibile potere di Fanfani, l’ulteriore vigore acquisito grazie al buon risultato elettorale e il suo cipiglio da uomo forte, la “nuova Italia” che lui prospetta agita le fronde e le fazioni interne alla Democrazia Cristiana. Nel breve volgere di alcuni mesi, il Governo viene messo in minoranza più volte, e l’attività dei “franchi tiratori” si fa sempre più frequente e sfibrante.
Fanfani è più volte ad un passo dalle dimissioni, deciso a smascherare davanti agli elettori il gioco del quale si sente vittima. <134
Intanto, in Sicilia, Silvio Milazzo ha dato il via ad un governo regionale che presiede grazie ad una maggioranza composita ed eterogenea (dal Movimento Sociale Italiano al Partito Comunista Italiano). L’estromissione della Democrazia Cristiana dalla guida della Regione è un evento che diventa in breve di portata nazionale, sintomatico com’è di un generale caos politico, e di profonde contraddizioni interne al partito di maggioranza che tutto sono fuorché solo siciliane. Il 25 ottobre 1958 Milazzo - che ha rifiutato di dimettersi - viene espulso dalla DC, nonostante le difese di Sturzo e Scelba, ma è l’innesco di una carica ad alto potenziale che promette ricadute nazionali e governative. <135
"Andreotti, ministro in carica, attacca tutto. Legittimato a ciò dall’ondeggiante atteggiamento del partito ai tempi del caso Giuffrè. <136 Il fatto che egli senta maturo il tempo per riparlare del monocolore, dopo aver accettato a suo tempo il bipartito, indica che la crisi di governo è ormai nell’aria. Il ministro del Tesoro lamenta che Fanfani non si sia ricordato delle destre che hanno reso sempre possibili i monocolori, “senza scapito dei valori e del programma democristiano”, e avverte invece nella vita politica italiana la “paura di una confusa tinteggiatura socialista del programma democristiano e della dottrina sociale cristiana". <137
Andreotti accusa Fanfani di avere un atteggiamento di governo dimentico delle destre, dell’efficacia dei monocolori, della sempiterna battaglia per i valori cristiani e democristiani. E il tutto per cosa? Per una “confusa tinteggiatura socialista” e per una scivolosa dottrina sociale della Chiesa. L’attacco è esplicito, frontale, e dimostra che Giulio Andreotti si sente le spalle coperte. Infatti, fuori dalle aule parlamentari, il cielo sopra il governo non appare meno cupo. Don Sturzo aveva definito “un equivoco” <138 il governo Fanfani, e l’Azione Cattolica di Gedda “che aveva, tra l’altro, il controllo di un centinaio di deputati democristiani” si era messa alla testa della “crociata contro l’apertura a sinistra e gli uomini sospetti di volerla.” <139
Contemporaneamente, alla cauta presa di posizione dell’episcopato Piemontese che metteva in guardia, pur con un certo garbo, “i nostri cristiani contro le insidie di ideologie marxiste, e contro il pericolo di accettazione e di assorbimento di principi non compatibili con la dottrina cristiana” <140, riconsegnava vigore il cardiale Ottaviani che, prorompeva “con linguaggio di marcata intransigenza”, porgendo “gravi accuse al modo in cui la DC gestiva politicamente il consenso dei cattolici, soprattutto perché il partito non mostrava la forza e la volontà di mettere al passo neo-sinistrismi che lo stavano inquietando.” <141
Intanto, il 28 ottobre, tre giorni dopo l’espulsione di Milazzo dal partito, il patriarca di Venezia Angelo Roncalli veniva incoronato papa, con il nome di Giovanni XXIII. E la politica italiana rimaneva in attesa di capire se alla guida della Chiesa fosse salito il cardinale che considerava “distensione”, “aperture” e “compromessi” un “trastullo di vane parole”, oppure colui il quale, lasciando molti esterrefatti, aveva salutato con animo aperto i socialisti radunati in congresso nella sua Venezia.
Il 25 gennaio 1959, dopo l’intempestiva apparizione di nuovi “franchi tiratori” e a seguito delle ennesime dimissioni (questa volta del ministro del Lavoro, il socialdemocratico Ezio Vigorelli) Amintore Fanfani rassegna le dimissioni da presidente del Consiglio. In questa caduta - dovuta lui crede ad una “azione della destra DC” - Palmiro Togliatti leggerà il segno di un cambio avvenuto, forse proprio di quella “compromissione” che Nenni chiedeva alla DC post-centrista: “l’azione di Fanfani ha urtato determinati interessi capitalistici […]. Anche la destra monarchica e fascista ha rifiutato di concedere l’appoggio sotto banco.” <142
[NOTE]
111 G. Tamburrano, Storia e cronaca del centro-sinistra, cit., p. 20.
112 Consiglio nazionale della DC, 13-14 luglio 1957.
113 F. Malgeri, Cambiamenti sociali e mutamenti politici: il partito di maggioranza, in P. L. Ballini, S. Guerrieri, A. Varsori (a cura di), Le istituzioni repubblicane dal centrismo al centro-sinistra (1953-1968), cit., p. 342-3. Su quel periodo si veda anche quanto più largamente ricostruito dallo stesso Malgeri in La stagione del centrismo. Politica e società nell’Italia del secondo dopoguerra (1945-1960), Soveria Mannelli, Rubettino, 2002.
114 Così Fanfani a Vallombrosa, ora in L. Radi, La DC da De Gasperia a Fanfani, cit., p.158.
115 Nonostante gli effetti reali e la percezione netta della nuova “rotta” fanfaniana, i diari del politico democristiano ci restituiscono molta più indecisione e indefinitezza di quanto gli studi più datati potevano sospettare. A. Fanfani, Diari, vol. III, 1956-1959, vol. IV, 1960-1963, Soveria Mannelli, Rubettino, 2012.
116 Così Andreotti a Vallombrosa, ora in F. Malgeri, Cambiamenti sociali e mutamenti politici: il partito di maggioranza, in P. L. Ballini, S. Guerrieri, A. Varsori (a cura di), Le istituzioni repubblicane dal centrismo al centro-sinistra (1953-1968), cit., p. 343.
117 Come osservato da Tamburrano: “che dietro il progetto fanfaniano, di “sfondamento a sinistra” e di conquista della maggioranza assoluta, vi fosse concretamente la prospettiva della collaborazione con i socialisti del PSI fu capito dalla sinistra democristiana di Base. Che accettò di entrare in direzione, e fu capito, con preoccupazione ed ostilità, dall’opinione moderata e dai settori di destra della maggioranza democristiana.” G. Tamburrano, Storia e cronaca del centro-sinistra, cit., p. 21.
118 L. Radi, La DC da De Gasperia a Fanfani, cit., p.160.
119 Di Lalla M., Storia della Democrazia cristiana. 1953-1962, volume II, Torino, Marietti, 1981, p. 197.
120 Ibid
121 L. Radi, La DC da De Gasperia a Fanfani, cit., p.161.
122 G. Tamburrano, Storia e cronaca del centro-sinistra, cit., p. 21-2.
123 Così Fanfani a Vallombrosa, ora in L. Radi, La DC da De Gasperia a Fanfani, cit., p.158.
124 Sulla natura dell’operto dell’Azione Cattolica di quel periodo, e per alcuni specifici paragrafi sulla figura di Gedda, si veda - oltre ai già citati Mario Rossi, I giorni dell’onnipotenza e Michele Marchi, Politica e religione dal centrismo al centro-sinistra - anche lo studio di Gianfranco Poggi redatto a breve distanza dalle vicende Il clero di riserva. Studio sociologico sull’Azione cattolica Italiana durante la presidenza Gedda, Milano, Feltrinelli, 1963.
125 L. Radi, La DC da De Gasperia a Fanfani, cit., p.158.
126 Dati contenuti in P. Di Loreto, La difficile transizione, cit., p. 237, e in G. Tamburrano, Storia e cronaca del centro-sinistra, cit., p. 22.
127 Sul tema di una possibile sostituzione della DC alla guida del Paese a causa di un superamento nei consensi operato dal blocco PCI-PSI, Fanfani si era espresso anche al congresso di Trento, dimostrandosi piuttosto sicuro della scarso peso realistico di questa eventualità: “Per quanto riguarda il problema della nostra sostituzione al Governo con le forze unificate, la sostituzione è nelle mani degli elettori. Proclamare noi la volontà di restare e altri quella di sostituirci non serve a nulla. Serve operare in modo che gli elettori facciano una scelta chiara ed avveduta. […] Da dieci anni a questa parte i consensi dell’elettorato nei nostri riguardi sono stati abbastanza costanti e consistenti. […] Non ci sono ragioni per dubitare mentre molte sono le ragioni per ben sperare in un nuovo successo.”, Dieci congressi D.C. 1946-1967, cit., p. 244.
128 G. Tamburrano, Storia e cronaca del centro-sinistra, cit., p. 22.
129 Il Governo Fanfani (al secolo come Fanfani II per l’esistenza - più burocratica che reale - di una sua precedente presidenza durata dal 18 gennaio 1954 all’8 febbraio dello successivo) poteva avvalersi del 47% circa dei voti, ed era quindi tecnicamente un governo di minoranza.
130 Si veda L. Radi, La DC da De Gasperia a Fanfani, cit., p.177-8.
131 G. Tamburrano, Storia e cronaca del centro-sinistra, cit., p. 23. Nenni ebbe infatti a dire: “come non esistono per il Psi problemi di collaborazione ministeriale, così è inaccettabile, oggi e sempre, ogni funzione ausiliaria e di tamponamento delle falle democristiane”, cit. in Di Loreto, La difficile transizione, cit., p. 269.
132 Quel gabinetto, che comportò per qualche tempo che Fanfani fosse contemporaneamente Segretario nazionale, presidente del Consiglio dei ministri, e ministro degli Affari Esteri, fu criticato anche come sbilanciato in senso “neutralista” per l’assenza di uomini incondizionatamente riconducibili a posizioni nettamente atlantiche.
134 Per una ricostruzione dettagliata delle vicissitudini governative di quei mesi si veda P. Di Loreto, La difficile transizione, cit., capitolo quarto.
135 Per una ricostruzione giornalistica dei fatti si veda il recente O. Gelsomino, La stagione autonomista di Silvio Milazzo, Catania, Silvio di Pasquale editore, 2010.
136 Giambattista Giuffrè è stato un bancario-truffatore di Imola. L’uomo, accreditatosi presso numerose famiglie della residenti nella sua zona di rapporti consolidati e privilegiati con la curia vescovile, iniziò a raccoglierne i risparmi promettendo in cambio una rendita elevatissima. Contando su alcune connivenze negli ambienti politici e nel sistema bancario, Giuffrè riuscì così ad imbonire numerose vittime e a raccogliere ingenti somme di denaro. Prima che Giuffrè venisse smascherato, il suo “sistema” si era già esteso anche ad altre regioni italiane. Il caso suscitò notevole interesse e coinvolse nelle indagini i ministri delle Finanze Giulio Andreotti e Luigi Preti.
137 G. Baget-Bozzo, Il partito cristiano e l’apertura a sinistra, cit., p. 153.
138 Cit., in G. Tamburrano, Storia e cronaca del centro-sinistra, cit., p. 23.
139 Ibid.
140 A. Prandi, Chiesa e politica, cit. p. 68.
141 Ibid., p. 69. Mentre Nenni osservava con compiacimento una DC che spostava, seppur di poco, il proprio asse politico in direzione socialista, la stessa manovra era avvertita con preoccupazione come si è visto dalla destra democristiana e da quella cattolica. Ma non solo. Anche i Liberali, esclusi dalla coalizione di governo, non videro di buon’occhio quell’esperimento. Le parole di Giovanni Malagodi - che commenta la fine imposta da Fanfani alla  precedente coalizione dei quattro partiti di centro - non lasciano molto all’immaginazione: “Cadde per un atto deliberato dell’allora segretario della DC onorevole Fanfani; atto compiuto in omaggio a quello che l’on. Martino chiamò, in un nostro Consiglio nazionale, ‘un grande disegno politico’ tra virgolette, espressione ironica nei confronti di quello che in realtà era un disegno politico completamente astratto, e che non teneva conto di quelle che erano le reali
forze parlamentari e psicologiche nel Paese.” Cit., in G. Orsina, L’alternativa liberale. Malagodi e l’opposizione al centrosinistra, cit., p. 99.
142 Cit., in P. Di Loreto, La difficile transizione, cit., p. 270.
Giovanni Agostini, Centro-sinistra e autonomia speciale. La DC trentina tra il 1955 e il 1968, Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, 2015
 
 
Appendice B
 
Nelle pagine che seguono sono riportati alcuni documenti conservati presso i National Archives di Washington, D.C (punti 1,2 e 3) e articoli di stampa americana (punto 4)
 
Fonte: Saverio Serri, Op. cit. infra


 
Fonte: Saverio Serri, Op. cit. infra

Fonte: Saverio Serri, Op. cit. infra

1) Questa è la prima parte del report che illustra il giudizio USA sull’Italia guidata da Fanfani nel 1958 (l’OCB era un organo speciale creato da Eisenhower per assicurare il coordinamento di tutte le iniziative americane in politica estera). Ne emerge l’ottimo rapporto del suo governo con gli Stati Uniti, ne vengono sottolineati i risultati in politica estera e si sottolinea anche come Fanfani sia riuscito a ridurre le “uscite fuori luogo” del Presidente Gronchi.
 
 
Fonte: Saverio Serri, Op. cit. infra

2) Fanfani non aveva fatto mistero della sua politica mediterranea. Questa è la parte introduttiva di un documento del Dipartimento di Stato, dove si cerca di analizzare cosa sia questo “special interest” italiano nel Vicino e Medio Oriente. Dalla posizione geografica agli interessi economici.
 
 
Fonte: Saverio Serri, Op. cit. infra

3) C’è una fitta corrispondenza tra l’ambasciata americana a Roma e il Dipartimento di Stato a Washington sul possibile viaggio di Fanfani in Egitto. In questo documento Dulles dice chiaramente che la visita del Presidente del Consiglio italiano può essere importante. Si riconosce dunque un possibile ruolo di mediazione a Fanfani, un indubbio successo di credibilità per il leader aretino.
 
 
Fonte: Saverio Serri, Op. cit. infra

4) Nel primo articolo (New York Times, 7 Gennaio 1959) si vede come il viaggio di Fanfani al Cairo sia seguitissimo negli Stati Uniti e vi si riconosce il ruolo di portavoce delle posizioni occidentali.
 
 
Fonte: Saverio Serri, Op. cit. infra

Fonte: Saverio Serri, Op. cit. infra

Il secondo articolo (New York Times, 24 Novembre 1958) è il famosissimo attacco di Sulzberger alla rivoluzione portata da Fanfani nel corpo diplomatico italiano. Sostituendo, secondo il giornalista, esperti e validi diplomatici con suoi uomini di fiducia (MAU MAU).
 
 
Fonte: Saverio Serri, Op. cit. infra

Il terzo articolo (New York Times, 27 Novembre 1958) è molto legato a quello di Sulzberger. Infatti il governo italiano protestò per i continui attacchi e Dulles fu costretto a ribadire che la politica estera italiana non era ambigua o neutralista, ma fedelmente atlantica.
 
Saverio Serri, Fanfani e il 1958: una nuova politica estera per l’Italia, IMT PhD Thesis, IMT Institute for Advanced Studies, Lucca, 2009