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sabato 15 gennaio 2022

Due degli esempi più eclatanti di questa continuità diretta tra le strutture fasciste e le repubblicane


Tra il 1945 e il 48, i servizi riservati degli apparati dell’Interno, a differenza dei servizi segreti militari, non smisero di svolgere la loro attività, in quanto gli americani poterono assicurarsi la loro fedeltà anticomunista favorendo al loro vertice il reinserimento di funzionari fascisti (come fecero per quasi tutto il corpo di polizia) e l’assoluzione giudiziaria di questi ultimi in seno a tutti i processi di epurazione antifascista.
I servizi segreti della polizia, attivi sotto il nome di Sis (Servizi Informativi e Speciali) dal febbraio 1946 all’ottobre del 1948 (quando la denominazione passò a Uar), nascevano praticamente come una riesumazione della famigerata Ovra (Opera Vigilanza Repressione Antifascismo), che, formalmente, aveva cessato di esistere dopo il Gran Consiglio del fascismo del 25 luglio 1943 ma che, in realtà, nei territori del nord non smise mai di operare.
Le analogie tra le due strutture non furono soltanto operative od organizzative, ma anche e soprattutto rispetto al personale impiegato, che gli americani andarono a reclutare direttamente tra le fila della Repubblica Sociale Italiana per formare il nuovo apparato di polizia politica dell’Italia repubblicana.
Nel 1944, il capo del controspionaggio dell’Oss Italia, Jesus James Angleton, invió un nucleo di agenti italiani e statunitensi nei territori di Saló, per prendere contatti con Guido Leto, dirigente dell’Ovra <20, che aveva fatto sapere “ad alcuni ufficiali statunitensi di essere disposto a fornire all’Oss l’intero archivio dell’Ovra, composto da oltre seimila documenti”.
Federico Umberto D’Amato, che divenne poi il più importante dirigente dell’Uar <21, partecipò alla spedizione di aggancio di Leto e di altri agenti della Rsi. Tra questi, Riccardo Pastore, ex capo della zona Ovra di Napoli e Ciro Verdiani, ex capo della zona Ovra di Zagabria, che all’indomani del 25 aprile venne reintegrato nella polizia repubblicana come secondo questore di Roma libera <22.
Ad ogni modo l’Oss provvide a mettere in salvo tutto il gruppo di poliziotti con cui D’Amato era stato in contatto nella spedizione del 1944 <23.
Molti anni più tardi, in un’intervista al settimanale "Il Borghese", dichiarò che Angleton, a guerra finita, gli disse che “fino a quel momento ci eravamo occupati di fascisti, ma adesso il fascismo era finito, sconfitto, mentre il vero pericolo ora era il comunismo”.
Peter Tompkins, un ex agente dell’Oss che pubblicó un libro sulla guerra in Italia, riferiva che l’obiettivo era quello di “salvare la crema degli agenti segreti dell’Ovra con i quali poi ricostruire un regime poliziesco in Italia” <24. Guido Leto e Gesualdo Barletta sono due degli esempi più eclatanti di questa continuità diretta tra le strutture fasciste e le repubblicane: al primo, dopo un breve processo in cui fu prosciolto da ogni accusa per aver fornito un importante aiuto agli americani, al Cln e aver agito contro i tedeschi <25, venne assegnato il ruolo di direttore tecnico di tutte le scuole di polizia d’Italia, un incarico di grande rilevanza, che tenne fino al suo ritiro dalla pubblica sicurezza, nel 1952, per diventare direttore di una nascente catena di alberghi <26; il secondo, che era stato il capo della zona 9 (Lazio) dell’Ovra, nel 1946 venne nominato dal ministro Romita al vertice del Sis, la struttura che dal 1948 in poi passò alla denominazione di Uar.
La struttura della divisione Sis, nel 1946, era la seguente:
Prima sezione
Diretta dal vicequestore Raffaele Martucci, si occupava di confinati, ammoniti, diffidati, internati, colonie di confino, campi di concentramento e casellario politico centrale.
Seconda sezione
Diretta dal commissario Ettore Bonichi, con competenze quanto a servizio informazioni riservate, illeciti arricchimenti, repressione traffico clandestino di preziosi e di valuta, trattazione reclami diretti a personalità di governo, informazioni urgenti e riservate.
Terza sezione
Diretta dal ragioniere capo Amerigo Innocenzi, era adibita al pagamento degli informatori e alla gestione delle colonie di confino <27.
Fu lo stesso Leto a scrivere e pubblicare nel 1951 il primo libro sulla polizia politica fascista dal titolo "Ovra: fascismo-antifascismo", nel quale non è assolutamente negata la continuità degli apparati di polizia repubblicani: “Incredibile dictu; molti funzionari che già appartennero a detti servizi coprono oggi posti di alta responsabilità e sono, a giusta ragione, ritenuti i migliori elementi dell’amministrazione nella pubblica sicurezza”. <28
Gesualdo Barletta fu il primo capo dell’Uar dal 1948 al 1956, quando venne nominato vicecapo della polizia, per poi terminare la sua carriera nella Corte dei Conti ed insignito del titolo di cavaliere della Repubblica. La sua nomina “avvenne nell’ambito di una colossale opera di restaurazione, cominciata da Romita e completata da Scelba” <29, per reinserire in pratica tutti gli agenti delle disciolte polizie fasciste nel nuovo ordinamento.
A gestire il riordino c’era il generale dei carabinieri Giuseppe Piéche, un veterano degli organi segreti fascisti, passato per diversi incarichi molto delicati: nel 1932 a capo della III sezione del Sim (controspionaggio), poi incaricato personalmente da Mussolini di indagare i vertici delle stesse strutture segrete del regime (ruolo che è stato giustamente definito “spia delle spie”) <30; durante la guerra fu, in Jugoslavia al comando della polizia segreta del governo ustascia di Pavelic e infine entrò nell’Arma dei carabinieri sotto il primo governo Badoglio; in seguito, col primo governo De Gasperi, assunse la guida di un ufficio riservato che svolse attività informativa e di provocazione politica <31. Entrava così, senza alcun procedimento giudiziario, al vertice delle neonate istituzioni repubblicane. Da questa cabina di regia, poté epurare dalla polizia alcuni ex partigiani assunti nel 1945, ufficialmente cacciati “per limiti d’età” <32 e sostituiti con ex poliziotti del regime fascista. Ancora, mentre si andava verso le elezioni del ’48, patrocinò il sorgere di più di un’organizzazione terroristica e di provocazione, come il Macri (Movimento anticomunista per la ricostruzione italiana), camuffata sotto le spoglie di una fondazione cattolica di beneficienza e il Fronte Antibolscevico. Se il risultato delle elezioni fosse stato preoccupante, questi sarebbero entrati in azione, compiendo attentati contro le sedi della DC, per poi farsi arrestare con delle finte tessere del Pci e del Psi.
Per quanto le pratiche di provocazione siano sempre esistite in politica, un dato del genere ci fa ritenere che i semi della strategia della tensione furono piantati in concomitanza con la stessa nascita della Repubblica.
Fortunatamente, dato il risultato favorevole alla Dc, per il momento non ci fu bisogno di attivare una tattica del genere e, dopo il risultato positivo delle elezioni, l’Uar mantenne, almeno riguardo gli uffici più esposti, “un basso profilo”, dato che su questo gravava ancora “l’ombra imbarazzante dell’Ovra” <33.
Secondo il Pacini il lavoro più consistente veniva svolto dagli Uvs (Ufficio Vigilanza Stranieri), presenti nelle maggiori città italiane, all’interno delle questure. Questi uffici erano il “principale braccio operativo dell’Uar”. Stando a un appunto del Sifar, la denominazione era fittizia in quanto la loro principale attività era di stampo anticomunista e il personale era in maggior parte proveniente dalle file dell’Ovra <34.
In questo primo periodo l’ufficio si occupava principalmente di “aggancio” come informatori di ex capi partigiani e parlamentari o dirigenti comunisti. <35
Il De Lutiis descrive con toni disillusi gli anni della gestione Barletta all’Uar: “La sua fu una gestione accorta, durante la quale riuscì a navigare indenne tra gli scogli di una democrazia appena risorta e già degenerata. Soprattutto crediamo sia il caso di dire che il primo lustro di attività fu un periodo sul quale non sappiamo - e forse non sapremo mai - quasi nulla”. <36
[NOTE]
19 Joint Chief of Staff, Memorandum, 14 maggio 1952. documento citato in R. Faenza, Il Malaffare, p. 313
20 G. Pacini, Il cuore occulto del potere
21 Ibidem
22 G. De Lutiis, op. cit., pg. 45
23 G. De Lutiis, op. cit., pg. 45
24 Peter Tompkins, l’altra resistenza. La liberazione raccontata da un protagonista dietro le linee, Rizzoli, Roma, 1996
25 Per la ricostruzione del processo cfr. Mimmo Franzinelli, I tentacoli dell’Ovra, pp. 422-424
26 Hotel Jolly, fondata dall’industriale Marzotto, anche lui ex aderente alla Rsi. Cfr De Lutiis pg 45
27 G. Pacini, op. cit., pg. 35
28 Guido Leto, Ovra fascismo-antifascismo, pg. 52. Citato in G. Pacini, op. cit.
29 Giuseppe De Lutiis, op. cit., pg 46
30 Ibidem pg. 12
31 Ibidem pg. 47
32 Ibidem pg. 46
33 G. Pacini, op. cit., pg. 37
34 Ibidem pg. 38
35 Crf. Pacini, op. cit., cap. La gestione Barletta
36 G. De Lutiis, op. cit., pg. 48
Claudio Molinari, I servizi segreti in Italia verso la strategia della tensione (1948-1969), Tesi di laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2020/2021